Managua ( aprile 2000)
Dai giornali di oggi, 25 febbraio.
MANAGUA - Sono state scomunicate tutte le persone coinvolte nell'aborto della bambina nicaraguense di nove anni, rimasta incinta in seguito a una violenza sessuale in Costarica. La sanzione ha colpito anche i genitori, ed è stata decisa dal cardinale di Managua, Miguel Obando y Bravo, primate del Nicaragua.
Nei primi giorni di Aprile del 2000 mi sono trovavo a Managua, insieme a Paola, Fiorella e Piero, i genitori di Eliana: Si veniva dal Costarica dove eravamo stati un mesetto col sistema dello scambio casa ( che raccomando a tutti). Piero e Fiorella s'erano portati con sé l'indirizzo di una fiorentina, Serenella Prada, che lavora da anni a Managua in una Ong (organizzazione non governativa). Lei ci organizza un incontro con alcune persone dei servizi sociali: abbiamo così la possibilità di parlare con un medico, una terapista e una psicologa. Tutti giovani. D'altronde da quelle parti i vecchi, diciamo, non esistono più. Tanti bambini. Orlando, per esempio, il nostro taxista, ne aveva 8. E questa deve essere la media se anche il portiere di notte di S.José de Costarica ne aveva 8, dopo di che la moglie si era fatta legare le tube. Nel corso dell'incontro ci viene spontaneo domandare se viene fatto qualcosa per il controllo delle nascite.
"Il Nicaragua è in mano all'Opus Dei. Dai programmi scolastici è rigorosamente bandito qualsiasi benché minimo elemento di educazione sessuale. Di contraccettivi neppure a parlarne".
Mi colpì il fatto che il giovane medico non avesse detto la Chiesa Cattolica, ma l'Opus Dei.
Il giorno dopo mi trovai con Paola a Leon, nell'interno, verso la montagna. Leon, centro dell'offensiva sandinista ai tempi di Somoza: grandi murales inneggianti alla rivoluzione, la figura di Sandino disegnata in nero sui muri. La vecchia sede del partito, ridotta a un vecchio androne semibuio, senza impianto elettrico, pieno le pareti di vecchie foto più o meno consunte, ma in grado di rappresentare l'antico orgoglio e la speranza che mai non muore. Era comunque il ritratto di una rivoluzione umiliata e momentaneamente sconfitta.
Era un giorno di festa. Proprio di fronte la piazza grande con l'immensa cattedrale ancora più grande e incombente nella sua bruttezza. Ci sediamo ai tavoli, come da noi alle feste dell'Unità. Con poche lire due bei piatti di pollo arrostito alla brace e contorno di insalata e patatine. Le porzioni per noi sono un po' abbondanti. Rimangono sul piatto degli avanzi. Di fronte a noi, sul muretto due bambini ci guardano, ci sorridono, si fanno avanti e: "podemos..." Prendono i piatti con gli avanzi, si risiedono sul muretto di fronte a noi e ripuliscono il tutto. Semplicemente, come cosa di tutti i giorni.
Dopo la cena, tra i banchi in festa, siamo seduti su una panchina. Si avvicinano due ragazzini, dolci e sorridenti, neri di fuliggine, bianchi i denti. Chiedono di lustrarci le scarpe. Paola ha le scarpe da ginnastica, io i sandali, aperti. Ci penso un po', me li sfilo e sto ad osservare il più approfondito lavoro di pulizia e restauro di questo oggetto fabricato in Germania. L'altro ragazzino, senza cliente, stava a guardare, con un'espressione strana, quasi compiaciuta; perché così poca invidia? Alla fine di tutto prendo il borsello e dò una cifra sicuramente inaspettata a Paco; poi una mancia,ancor più inaspettata a Pedrito, che era il fratellino minore di Paco! Quegli occhi, quella dignità.
Come tutto questo intendo ricollegare alla notizia di testa lo saprete domani. Ora devo andare con Paola e Simone al Teatro Verdi di Via Ghibellina a vedere Paolo Rossi. Buenas tardes.
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