venerdì 21 ottobre 2005

Jean Michel Folon




Ciao, Jean Michel.

E grazie del bel ferragosto 2005 passato insieme a te al Forte Belvedere.

Da parte mia e di Paola che ti dedica questo pensiero:

"E' morto Jean Michel Folon. Che dispiacere! Folon era scultore, pittore, disegnatore, pubblicitario, ma soprattutto un sognatore. Che sogni faceva? Sogni concreti, non vaghi. Poter abitare in un mondo di pace, rallegrato dalla poesia, dal godimento delle cose belle che ci sono nella natura e che l'uomo può fare. Avevamo visto a metà Agosto la sua bella mostra al Belvedere, il cortile abitato dalle statue dei suoi uomini svagati e silenziosi. Ma non sono silenziose tutte le statue? Certo che no. Parlano le creature sovrumane di Michelangelo, parlano le statue drammatiche di Donatello, cantano i suoi putti delle cantorie nel museo dell'opera del duomo...Gli uomini di Folon sono ometti introversi e silenziosi, che, se anche fossero vivi, non direbbero niente a nessuno. Come non diceva niente, esprimendosi solo con lo sguardo e la figura, Jacques Tati, che Folon mi ha ricordato.

Figure le sue che contrastano col clamore eclatante di molti personaggi dei nostri tempi barocchi
. Per questo è stato, e credo sarà amato, Folon, perché i suoi valori sono stati la discrezione, lo humour e l'ottimismo e bastava guardare e ascoltare il video che accompagnava la mostra per accorgersene. Anche i suoi limpidi e luminosi acquerelli, come disegni di un bambino bravissimo, lo dicevano.


Non sarebbe bello se tutti amassero questo modo di immaginare la vita?"

di Gabriele Vannini
 Una doverosa precisazione preliminare. Chi si aspetta una critica d’arte può passare oltre perché questo è soltanto il racconto di una visita e delle emozioni che ha suscitato. Ho sentito il bisogno di scriverlo perché questa città, così incattivita e dolente, quest’estate ci ha saputo anche riservare, con la mostra di Jean-Michel Folon al Forte di Belvedere, qualcosa di bello e di unico.

Più di 30 anni fa erano state le figure svettanti e misteriose di Henry Moore ad incantarmi, non ancora ventenne, dall’alto di quegli spalti.

A dimostrazione della forza incredibile che l’arte possiede, per quello che riesce a comunicare anche a chi non dispone di chiavi di lettura ‘professionali’.

Volete averne un’idea? Basta vedere la disinvoltura con cui i bambini si muovono fra le installazioni di Folon. Il piacere estetico, sostiene Kant, è tanto più grande quanto più si desidera estenderlo agli altri, quanto più è ‘universalizzabile’.

Ebbene, appena uscito dalla mostra di Folon ho avvertito un bisogno irresistibile di parlarne a tutti. Ai colleghi di lavoro, agli amici, al vicino di casa, al ciclista incontrato per strada. Cos’è dunque che tanto affascina in questo artista belga che ha allestito a Firenze “l’esposizione più importante della sua vita”?

Che cosa ha attirato già quasi 50.000 visitatori, spingendo l’organizzazione a prorogare la mostra fino al 2 ottobre?

Il protagonista delle opere di Folon è “Il Signor Qualcuno”, una sorta di doppio a cui l’artista affida il suo sguardo sul mondo.

In testa un massiccio cappello a cilindro, addosso un mantello pesante, un volto appena tratteggiato, quasi anonimo, che invece trasmette un candore disarmante e inesplicabile. Porta delle scarpe robuste, saldamente ancorate al suolo, anche se nella gigantesca scultura “L’Envol” i piedi sembrano già sul punto di staccarsi da terra.
Colpisce nelle sculture di Folon la straordinaria leggerezza, il senso di incanto e di sorpresa, la capacità sempre rinnovata di mettersi in gioco. Non è un caso se il viaggio rappresenta uno dei fili conduttori delle sue opere, fino ad assumere, nell’installazione intitolata ‘L’evasione’, i contorni struggenti di una valigia sospinta da un volo di anatre e aperta sul panorama di Firenze, pronta a riempirsi dei mille diversi punti di vista di chi la osserva. Né sorprende che gli animali rappresentino gli ideali compagni di viaggio del ‘Signor Qualcuno’, dal gatto adagiato con aria complice e sorniona sulla barchetta (nell’opera ‘Partire’), agli uccelli indicatori di nuove rotte, ai pesci accolti in grembo nella grande fontana davanti al cassero.
La giocosità dell’invenzione raggiunge il culmine nella terrazza con la successione folgorante di teste surreali. Al posto della testa umana Folon si diverte a inserire una varietà di oggetti: un gomitolo, un grattacielo, un arnese meccanico, una poligonale spezzata, una valigia, un libro oppure -più che mai opportuno- un punto interrogativo, quasi a sancire un’identità sempre più indefinita e sfuggente.
L’itinerario poetico dell’artista si completa con la visione degli acquerelli e dei disegni, che rappresentano l’esordio della sua attività creativa (infatti solo nell’ultimo decennio Folon si è votato alla scultura come evoluzione naturale della propria ricerca formale). I colori del Folon pittore sono sorprendentemente tenui, impalpabili, quasi fluttuanti. Eppure il senso di leggerezza non vi risulta così evidente come nelle sculture; anzi, questa sezione aiuta a scoprire anche in esse quel tanto di disagio e di malinconia che si intuiva ma non si riusciva a mettere a fuoco. Mi viene allora da pensare che le opere di Folon ci parlano forse anche dell’inconsistenza e fragilità della nostra condizione di ‘contemporanei’. Vi avverto dentro la vertigine di una realtà che non si riesce più ad afferrare e che sembra acquistare senso solo nello sguardo solitario di un sognatore.
Un sognatore ‘vigile’, ‘artefice’, capace di tenere a bada gli incubi della notte in cui tutti siamo immersi, la notte di questo nostro tempo senza centro e senza riferimenti, in cui sono tornate a dettar legge la violenza e la volontà di potenza.“La paura la lascio alla notte, di giorno mi godo la bellezza”, spiega Folon nel video che accompagna la mostra.
Ecco dunque che si precisa l’interesse, la modernità, la capacità di rappresentazione delle opere di Folon rispetto al mondo in cui viviamo. Ecco perché ci sentiamo a casa nostra nei panni del ‘Signor Qualcuno’. Potrebbe essere il primo uomo sulla terra -ne ha l’innocenza- ma anche l’ultimo -ne porta dentro la dolente consapevolezza.
Trovato qui

2 commenti:

  1. Brava Paola.....sono daccordo.

    Guido...nonchè IL PELLEGRINO

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  2. Caro pellegrino, ora che ti sei fatto gli anelli francescani e hai i garretti rinforzati bene, tienti pronto per la nuova Riva. Appena Orione declinando imperversa...

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