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Un’intervista a Paola Galli
Paola Galli è una donna molto attiva e determinata nelle sue scelte. Per lei è sempre stata primaria l’esigenza di costruire e far crescere relazioni. Insegnante con passione per molti anni, soprattutto dopo essere andata in pensione ha lavorato molto nel sociale, da sempre nella Comunità dell’Isolotto, quartiere fiorentino dove vive, poi in vari altri progetti, tra cui per otto anni in “Un ponte per Bagdad”, e da dieci anni nella Cooperativa sociale “Kimeta”, nata da un’idea della stessa Comunità dell’Isolotto, dove lavorano donne Rom in attività di taglio, cucito e stiro, nel e col sostegno del Quartiere 4 di Firenze. Contemporaneamente Paola si dedica alla scrittura, ma, ci tiene a specificare, nei momenti di sosta, comunque sempre con passione e con un angolo visuale originale. Un ‘identità intermedia è il primo libro che l’autrice pubblica con l’editrice Luciana Tufani. Diciotto racconti che utilizzano l’irruzione del surreale per rappresentare la parte più nascosta degli esseri umani, quella non realizzata, più in ombra, desideri, paure, fantasie.
Il surreale è anche un ‘aggiunta e mutamento alla realtà, come Anna Maria Or-tese definisce la propria scrittura. Anche per te questo elemento consente un ampliamento e una correzione dell ‘esperienza esistenziale?
I personaggi di questi racconti hanno bisogno di uscire dai limiti del quotidiano, nelle situazioni inconsuete in cui si vengono a trovare riescono a esprimere un parte intima e repressa di sé, poiché l’immaginazione è una ricchezza che compensa una realtà per molti opaca e povera.
Mi sembra che questa scelta narrativa mostri in atto anche la possibilità di sconfinamenti di identità, che fluttano al di qua e al di là di un limite, talvolta di limiti radicali, come la morte o i confini tra le specie. Queste situazioni estreme possono essere figurazioni dell’identità di tutte e tutti noi, multipla in una società di mutamenti veloci e di incontri tra persone di tante culture?
Ho voluto in un certo senso rappresentare narrativamente l’attenzione a condizioni e forme di esistenza diverse da quella che conduciamo quotidianamente. Morti che tornano alle loro case, ai loro oggetti o a incontrare qualcuno, che continuano a vivere per fare quello che non hanno saputo fare da vivi, perché «in fondo il tempo èstato così breve». Ma anche identità di esseri che, dopo essere stati animali sono divenuti donne e uomini (assumendo appunto identità intermedie) o che gradual
mente si trasformano in animali, non perdendo ma aggiungendo qualcosa alla propria natura. Ad esempio in Ciottè: «lei non era più solo una donna, ma qualcosa di più, un animale ardente e amoroso, giocherellona e capricciosa». L’attenzione a identità diverse è assolutamente necessaria sia per comprendere meglio la nostra soggettività, sia per aprirsi al mondo che ci sta intorno.
I cani umanizzati che compaiono nelle tue pagine sono sempre femmine. Qual è il motivo di questa predilezione?
Intanto amo molto i cani. Ritengo che nella relazione tra un cane e un essere umano ci sia una forte dipendenza reciproca e sia più evidente che in altri rapporti l’intensità del coinvolgimento, che trae origine da una primordiale fisicità. Femmine perché trovo che le relazioni tra
soggetti femminili presentino minori elementi di violenza e perché il femminile istintuale ha più capacità di reintegrare i propri vari aspetti, compreso quello corporeo.
Questo tuo sottolineare l’istintualità, la fisicità del femminile non rischia di ripresentare uno stereotipo che è stato abbastanza contraddetto in anni recenti?
So che è un discorso che può apparire rischioso. Secondo me, il razionale non èsuperiore all’istintuale. Entrambi sono aspetti importanti, ineliminabili e complementari. La capacità razionale delle donne è attestata dalla capacità con cui assolvono normalmente i loro numerosi compiti, di cura nella famiglia, ma anche di contributo nel lavoro sociale e politico.
Però ritengo che sia anche uno specifico delle donne lasciare affiorare di più l’animalità che è nell’essere umano, forse perché più libere degli uomini su questo aspetto, più “terrestri”.
Tu hai concentrato la tua attenzione su questo spazio mentale che è l’immaginazione, come uscita dal reale nel mondo dei desideri, dell’appagamento. Vorrei dire però che il modo come ti muovi nelle cose, come descrivi i fiori, gli alberi, gli oggetti è un modo di chi ha attaccamento alle cose reali.
In parte è così. Sentirsi attaccati alla terra è un grande piacere (e, come ho detto prima, credo che sia spesso un piacere femminile), ma c’è sempre un limite che si vorrebbe superare. La donna di Un ‘identità intermedia, uno dei racconti che preferisco, aspira a trovare una sua completezza “terrestre” e la raggiunge mediante un viaggio che la fa passare attraverso le cose amate, le foglie, i buchi degli alberi, le tane di animali, per poi approdare completamente anche lei a quel mondo. 5cm-mai si potrebbe dire che il desiderio dei miei personaggi è di fuggire dal reale per ritrovare un reale più profondo, più intimo e sconosciuto a loro stessi, ma di cui sentono pulsare l’esistenza.
L’elemento di utopia, insito nelle aggiunte e mutamenti che gli elementi surreali introducono nel reale, si manifesta più esplicitamente nell’ultimo racconto La dea è già in viaggio, dove la fantasia èun ‘utopia che si realizza, contrariamente a ciò che accade di solito alle utopie, per definizione, come tu stessa scrivi, progetti positivi possibili ma non attuati a causa del veto della legge del potere e del più forte. Il protagonista è un uomo comune, una persona anziana che ha perso la moglie, con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni.
Sì, è uno come tanti per molti aspetti, ma in più ha la consapevolezza e l’indignazione per i soprusi con cui quotidianamente vengono oppresse le persone semplici, gli umili della terra. Contro queste situazioni impegna le sue pur limitate capacità. Molte più persone di quanto si creda si comportano in questo modo ed è questo che deve continuare a darci speranza.
I tuoi racconti sono sempre brevi, è una scelta precisa?
Per me l’importante è trovare una situazione emotiva, uno scarto intorno a cui costruire il racconto, piuttosto che sviluppare una trama complessa. Inoltre non mi piace diluire troppo, amo il ritmo veloce e 1’ unità di luogo e di tempo.
Intervista di Maria Letizia Grossi
Su Leggere Donna, bimestrale di informazione culturale, n.124, settembre-ottobre 2006.
Nota disinteressata:
Il libro di Paola è da leggere. Anche per fare un dispetto alla grande editoria dei potenti e raccomandati. Anche per aiutare i piccoli editori. In più sono 16 racconti che ti piaceranno. Scritti bene. Anche se la copertina dice poco.
il libro è da leggere e scopri una donna vera e sensuale, sensibile ed imprevedibile, da trattare come cristallo puro
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