Coraje, America!
Asunciòn 21 aprile 2008
Non più monsignore, da oggi bisognerà chiamarlo Presidente. Fernando Lugo, 56 anni ed ex vescovo della poverissima diocesi di San Pedro, ha sbaragliato gli avversari è si aggiudicato nella giornata di ieri la poltrona di 47° presidente del Paraguay.
Quello che rimane però di questa schiacciante vittoria è l’immagine di una nazione che finalmente alza la testa e prova a riemergere dal medioevo politico e culturale in cui è stata imprigionata negli ultimi 61 anni di governo colorado. Il vento socialista che ha scompigliato la morfologia politica dell’America del sud ha soffiato anche questa piccola, ma orgogliosa nazione.
Che, paradossalmente, l’uomo che l’ha reso possibile sia anche, e prima di tutto, un uomo della Chiesa per i paraguayani non è altro che il “plano de Dios".
Una settimana fa scriveva Peace Reporter:
Gli sgoccioli della campagna elettorale paraguayana si tingono di rosso. Non è il rosso del Partido Colorado che da 61 anni soggioga la seconda popolazione più povera dell’America Latina, nè quello che decorava la tonaca del più papabile dei candidati, l’ex monsignore Fernando Lugo. Il rosso che sta cominciando a colorare le strade di Asunciòn è quello del sangue. Risale a pochi giorni fa l’uccisione dell’ennesimo - il quarto in soli 2 mesi - dirigente di Tekojoja, uguaglianza nella lingua degli indigeni guarantì, per mano dei narcotrafficanti brasiliani ed è di lunedì la notizia dei primi scontri tra i senza tetto e gli uomini dell’esercito del presidente in carica Nicanor Duarte Frutos. Tremila diseredati hanno invaso, tra le 10 e le 12, di domenica scorsa le avingude capitoline cercando di farsi strada verso palazzo Lopez per chiedere conto al presidente dei 7 milioni di dollari destinati alla costruzione di 3000 abitazioni e per esigere trasparenza sull’utilizzo dei 12 milioni stanziati per l’acquisto di terre coltivabili. A metà del percorso sono però stati intercettati dagli agenti in tenuta anti-sommossa e dagli uomini della Guardia Presidenziale che tra idranti e manganelli hanno represso il corteo spontaneo arrestando 43 manifestanti, stranamente rilasciati dopo poche ore nel pomeriggio. Il bilancio dei violenti scontri con le forze dell’ordine è di circa un centinaio di contusi e di 15 feriti gravi, numeri che non sembrano però voler frenare la protesta. Gilberto Cacerà, il coordinatore nazionale del movimento dei “sin techos”, annuncia una nuova marcia per mercoledì e invita i senza tetto delle zone limitrofe alla capitale ad unirsi alla protesta anche se, probabilmente, già oggi si potranno ripetere episodi di violenza nelle strade. C’è però chi sussurra che questi scontri siano stati pianificati e ordinati dallo stesso Duarte Frutos. A meno di una settimana dal voto, i sondaggi annunciano la clamorosa débacle del Partido Colorado, che sembra non essere riuscito a contenere il disappunto dei paraguayani con la candidatura di Blanca Ovelar, prima candidata donna in una nazione storicamente “machista”. I più maliziosi affermano che gli scontri di piazza siano soltanto un pretesto per poter dichiarare lo stato di emergenza nel Paese e rinviare le elezioni a data da destinarsi, dando così modo al partito repubblicano più longevo del Sudamerica di ricompattare i molti militanti migrati verso la coalizione capeggiata da Fernando Lugo. L’ex vescovo nel frattempo sospende, in via precauzionale, le attività pre elettorali rinunciando al dibattito televisivo che lo avrebbe dovuto vedere contrapposto a Blanca Ovelar e al generale Lino Oviedo, capo della terza forza partitica del paese e protagonista di un golpe fallito nel 1996. All’ormai blando pericolo brogli si aggiunge quindi il timore di disordini molto più ampi e cruenti. Nel caso in cui la volontà popolare non dovesse essere rispettata, i primi a farne le spese saranno proprio gli stessi che hanno fede nel cambio e nell’uomo di Dio che pare meglio rappresentarlo. |
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