martedì 8 aprile 2008

Testamento di vita



Meri Negrelli presenta l'iniziativa

(clicca sulla foto per ingrandirla)


Problematiche di fine vita: fra testamento biologico e diritto all'eutanasia


Il parto alla rovescia

Partorirai con dolore

morirai soffrendo

Uscita obbligata

uscita libera

Paura della morte

paura della sofferenza

Buona morte 

cattiva morte

eutanasia 

cacotanasia

La vita è un dono

dono che mi appartiene

dono che non mi appartiene

chi è dio?

come è dio?

esiste il suo interprete?

devo rivolgermi a lui per via gerarchica?

posso trattare direttamente con lui?


Sabato 5 aprile in Via Manzoni 19 nel Centro culturale Protestante ci siamo trovati, in una sala piena di gente, a parlare della vita e della morte intorno ad un piccolo libro del costo di 10 euro escluso senza colpa dalla catena di distribuzione. Un medico francese racconta la sua vita di rianimatore concentrata nel momento più umanamente coinvolgente della sua esperienza professionale: quando è intervenuto per soddisfare la richiesta di un ragazzo di poco più di vent'anni, quella di essere sottratto a una cattiva morte con una buona morte.Due uomini a fronte: Frédéric e Humbert. L'angelo della buona morte accusato di assassinio da chi benedice ed esalta i morti per la patria nelle guerre giuste e preventive, da chi tiene nel lettino di tortura di una cameretta dell'ospedale di Lecco - da 15 anni - Eluana Englaro...

Non sono un assassino! grida Fréderic Chaussoy dalle 200 pagine del libro in pubblicazione
estrauterina di una editrice d'occasione.

Avevo letto il libro tutto d'un fiato appena uscito pochi mesi fa. Mi aveva colpito il modo
immediato e diretto di raccontare particolari di vita di famiglia e situazioni di vita d'ospedale, affetti, amori, dolore e morte tutti intrecciati tra casa e ospedale e il rombo improvviso e assordante del fenomeno mediatico, l'interrogatorio di un tenente, l'incombere del giudice, il sostegno della gente, il turbamento della famiglia, il vario atteggiamento dei colleghi. Può capitare a tutti nella vita un passaggio brusco dalla routine quotidiana di una vita normale al frastuono di una tempesta mediatica che ti rintrona il cervello e ti toglie il sonno durante lunghe
interminabili lotte.

Passiamo a un po' di cronaca.

Titolo dell'incontro di questo sabato pomeriggio d'un Aprile tutto acqua neve e vento: Problematiche di fine vita: tra testamento biologico e diritto all'eutanasia. Confronto fra il caso
francese Humbert- Chaussoy e il caso italiano Welby-Riccio.

Conoscevo tutti i presenti al tavolo di presidenza tranne Mario Riccio, l'anestesista di Welby, che
incontravo per la prima volta. E fa sempre piacere la conoscenza diretta. Non intendo fare la cronaca giornalistica che pure sarebbe utile; tocco solo alcune corde che hanno prodotto una vibrazione nel mio animo. Il brano letto da Meri Negrelli, l'organizzatrice di tutto per conto della nostra Associazione Libera Uscita, l'intervento di Mario Riccio nel momento che si sente dire, dal rappresentante dei medici anestesiti (nel pieno della trasmissione di fama mondiale Uscio a Uscio di Biondo Ape) "Sei un assassino", l'espressione di Giancarlo Fornari, Presidente Nazionale di Libera Uscita, quando ha ricordato che la gerarchia cattolica che ha negato il funerale in chiesa a Welby ha concesso la tumulazione d'onore in una cattedrale romana ad un esponente riconosciuto della banda della Magliana, Mariella Orsi, sociologa, Presidente della commissione di bioetica della Regione Toscana quando a spiegato la differenza tra il tempo di cura e quello di relazione (il medico che fino al
giorno della tua morte insiste nel farti le radiazioni chimiche invece di quelle affettive).

Ma il momento più intimamente mio l'ho vissuto, ad insaputa di tutti tranne di chi mi legge ora,
quando ha parlato Antonio Panti, Presidente dell'ordine dei medici di Firenze, dichiarando la sua adesione umana e professionale alla lettera e allo spirito di quanto detto nel corso della riunione riguardo al trattamento di fine vita. Parlava il rappresentante di quello stesso ordine che aveva in anni neppur molto lontani (1995) espulso dall'albo medico Giorgio Conciani, reo di aver praticato - senza interesse e vantaggio personale - quanto oggi legittimato dalla L.194, nonché di aver ottemperato alla richiesta di un paziente per l'acquisto di barbiturici. A lui era stato chiuso con sigillo lo studio medico e quando ha deciso di por fine alla sua vita non ha avuto altro mezzo per farlo che una corda al collo (Terzo tentativo dopo che persone amiche l'avevano per due volte costretto a ritornare in vita contro la sua volontà). Per tutto il tempo che ha parlato il dott. Panti ho rivissuto quella giornata lì al Girone, tra Firenze e Compiobbi, quando con Paola siamo andati a visitarne la salma ancora esposta, avendo l'occasione di un colloquio allucinante con una signora lì presente che si faceva un merito di aver con tutte le sue forze e mezzi fino all'ultimo tentato di impedirgli il suicidio, rianimandolo per due volte, costringendolo così a scegliersi l'impiccagione.Tutto per amore. Poco tempo ma tanta acqua d'Arno è passata dal vecchio mulino e dalle antiche gualchiere che fanno ancora bella mostra in quei paraggi a ridosso di Firenze, a due passi dal cimitero di guerra americano (millesimo monumento all'eutanasia di massa imposta per Legge). Il dott. Panti, senza nominarlo, stava con ogni sua parola, riabilitando ai miei orecchi - consapevolmente o meno - la figura di questo grande uomo e medico compassionevole. Uno dei tanti nostri santi laici. Non so quando, ma dovrà arrivare il momento in cui l'Ordine dei medici fiorentini porga
le sue scuse e riabiliti con decreto motivato Giorgio Conciani.



Nota di cronaca su Giorgio Conciani


REPUBBLICA  15.05.1997

FIRENZE - Non avrà funerale e sarà cremato. Queste le ultime volontà di Giorgio Conciani, il
ginecologo radicale che si è ucciso ieri sera, impiccandosi in cantina. Il suicidio del "dottor morte" italiano, il giorno dopo, chiede ancora un'ultima risposta, in una vita per il resto lineare e cristallina nelle sue scelte. Perché una morte così cruenta, la morte dei prigionieri in carcere, degli adolescenti, dei disperati? Perché Giorgio Conciani non ha usato su di sé i farmaci che dai lontani anni Ottanta, sfidando ogni legge, prescriveva a molti pazienti che si rivolgevano a lui per cercare una "dolce morte", e che lui aiutava "perché prolungare la vita di un malato terminale è peggio di qualunque tortura"?

La risposta l'ha data poche ore fa all'agenzia Ansa suo figlio Ferruccio, lo stesso che ha trovato
il suo corpo senza vita, tornando a casa ieri sera: "Mio padre non ha scelto la "dolce morte" perché riteneva che impiccarsi fosse un mezzo più sicuro. La malattia che lo aveva colpito gli impediva di muoversi per andare in farmacia e, essendo stato radiato dall'ordine dei medici, non poteva prescriversi i farmaci che aveva usato per altri". Nel novembre del 1995 l'ordine dei medici di Firenze aveva infatti radiato Giorgio Conciani per "motivi etici", con l'accusa di aver prescritto cocktail di farmaci ad aspiranti suicidi. "Una cosa è provocare l'eutanasia in una persona che soffre gravemente di una malattia terminale per la quale morirà, altra cosa è se uno manifesta desiderio di suicidarsi perché è depresso. Questo da un punto di vista medico è intollerabile". Questo è quanto ha dichiarato Antonio Panti, presidente dell'ordine dei medici di Firenze. "Il motivo della sua radiazione non aveva niente a che vedere con l'eutanasia. La sua era istigazione al suicidio". "Era molto depresso dopo la radiazione dall'albo e la grave malattia che lo avrebbe progressivamente portato all'immobilità assoluta", ha spiegato all'Ansa Ferruccio Conciani. "Spesso mio padre aveva manifestato l'intenzione di togliersi la vita e alle mie osservazioni rispondeva che le idee di un uomo vanno rispettate. Qualche volta speravo che non avesse il coraggio di suicidarsi, ma come
potevo sperare, visto che in vita sua ha sempre fatto quello che voleva?". (Di Annalisa Usai)  


I brani del libro di Chaussoy letti da Meri Negrelli


Tutte queste macchine sono state inventate per impedire agli uomini di morire, giusto il tempo che i medici facciano il necessario per curarli e che l'organismo recuperi le capacità di vivere in modo autonomo. Spesso, funziona. Ma, quando non funziona, bisogna pur risolversi a staccare la pina. Un uomo attaccato al respiratore non cessa mai di respirare, fin tanto che la macchina continua a funzionare. E allora? Cosa fare? Che le cose siano ben chiare, anche se ci disturbano: in numerosi casi, la gente che muore nei reparti di rianimazione, superattrezzati di macchine per la vita, muore perché a un certo momento è stata presa la decisione di non utilizzare più queste macchine per mantenerla in vita. E non è tutto. Quando si decide di fermare le macchine, cosa succede? Nei film le spie luminose cessano di lampeggiare sul monitor e l'ammalato rende l'ultimo respiro, finalmente tranquillo. Durante un telegiornale, in cui si parlava di Vincent, ho perfino visto l'immagine di una presa maschio che veniva staccata dalla presa femmina, in una camera d'ospedale. Fine della puntata! Come se fosse così semplice!

Si dà il caso che la realtà sia più dura. Il più delle volte, l'ammalato si mette a soffocare.
Morirà per asfissia. Morirà, è certo. Ma non subito. Ci vuole tempo, per l'asfissia. Il corpo umano non cede così facilmente. Si batte, per istinto. Cerca l'ossigeno di cui ha bisogno e che non ha più i mezzi per trovare. In alcuni reparti, chiudono la porta della camera, giusto il tempo che "questo" accada. A volte le infermiere, alle quali la situazione sembra insopportabile, vengono a supplicare il medico di "fare qualcosa" perché "questo" cessi. A volte il medico risponde loro di "fare il necessario". E a volte
lo "fa" lui stesso.

Frédéric Chaussoy, Non sono un assassino, ed. Lucidamente,
p.120


Il testamento di vita è una buona idea perché mi rafforza nella giustezza della mia decisione: ho rispettato la volontà del mio paziente. Tutti i lettori del libro di Vincent possono attestarlo ... Nessun bisogno di aspettare l'avvento di una legge perché ognuno di noi scriva il suo testamento di vita! Anche se, per adesso, questi documenti non hanno nessun valore legale, potrebbero per lo meno illuminare i medici sulla volontà di un paziente che giunge da loro incosciente, o incapace di comunicare. Potrebbero suffragare in modo formale la richiesta dei familiari. Potrebbero, soprattutto, concedere al paziente la libertà di essere l'attore della propria storia, anche se privo di qualsiasi mezzo espressivo ... Anche se la legge non lo riconosce ancora, credo che il testamento di vita sia una buona idea. Un modo di dare a ciascuno il tempo di riflettere sulla propria fine, in mancanza della possibilità di poterla scegliere; un mezzo responsabile e adulto per affrontare la propria morte  come la propria vita. E non di lasciarne le redini alla famiglia, a un’équipe  medica, o addirittura a un procuratore...

(Frédéric Chaussoy, Non sono un assassino, ed. Lucidamente, p.130)


Per finire


La vita secondo Woody Allen

La cosa più ingiusta della vita è come finisce.

Voglio dire: la vita è dura e impiega la maggior parte del nostro tempo... Cosa ottieni alla fine?
La morte. Che significa! Che cos'è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto?

Credo che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato.

Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva il pensiero.

Poi, in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perché troppo giovani.

Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per quarant'anni, fino a che sarai
sufficientemente giovane per goderti la pensione. Seguono feste, alcool, erba e il liceo.

Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino, giochi e non hai responsabilità, diventi un
neonato, ritorni nel ventre di tua madre, passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando e finisci il
tutto con un bell'orgasmo!


Ipertesto


La biocard


Audio del convegno (radio radicale)


L'eutanasia su questo blog



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1 commento:

  1. E se la morte non esistesse? Cosa accadrebbe all'uomo? Se la vita media dell'uomo fosse di 5 secoli? niente più malattie, niente sofferenze, niente paure, niente angoscie, niente ossessioni..niente di niente. Nulla neppure sull'amore eterno. A me viene in mente un essere turpe.

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