mercoledì 11 marzo 2009

Meetup con Beppe Grillo

Un nuovo Rinascimento


Video:



Firenze, 8 marzo 2009


Nota storico-letteraria


Dante e Pico precursori del Rinascimento italiano e della Riforma protestante


(In rilievo le parti presenti nel video)


Come la scala tutta sotto noi

fu corsa e fummo in su 'l grado superno,

in me ficcò Virgilio li occhi suoi, 126


e disse: «Il temporal foco e l'etterno

veduto hai, figlio; e se' venuto in parte

dov'io per me più oltre non discerno.


Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;

lo tuo piacere omai prendi per duce;

fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.


Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce;

vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli

che qui la terra sol da sé produce.


Mentre che vegnan lieti li occhi belli

che, lagrimando, a te venir mi fenno,

seder ti puoi e puoi andar tra elli.


Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:


per ch'io te sovra te corono e mitrio».


(Purg.XXVII,124-142)


Dante anticipa qui di quasi 2 secoli "il discorso di Dio ad Adamo" col quale Pico della Mirandola pone le basi del Rinascimento italiano che ha per culla Firenze:

Ma non c'è solo l'anticipo del Rinascimento in Dante. Virgilio, la ragione, gli impone corona e mitria: la corona dell'habeas corpus della Magna Charta Libertatum, la mitria del sacerdozio universale proprio della Riforma religiosa del quindicesimo e sedicesimo secolo. Non è poco.


Dopo che Virgilio lo ha lasciato solo con se stesso, Matelda lo immerge nelle acque purificatrici e lo affida alle quattro virtù cardine della vita e dignità dell'uomo: la prudenza e la giustizia, la fortezza e temperanza. Quattro virtù laiche. Ora è pronto al grande balzo.


Pico


Il "De hominis dignitate" lo compose a 23 anni. (Morì a 31, forse avvelenato)


§ 1. Preambolo

 Ho letto, molto venerabili Padri, nelle fonti degli Arabi che Abdalla Saraceno interrogato su che cosa, in questa sorta di scena del mondo, scorgesse di sommamente mirabile, rispose che non scorgeva nulla di più mirabile dell'uomo.


§ 4. Il racconto della creazione


10. Già il sommo Padre, Dio architetto aveva foggiato questa dimora del mondo, che noi vediamo, il tempio augustissimo della divinità, secondo le leggi della sapienza arcana.


11. Aveva ornato con le intelligenze la regione iperurania; aveva animato i globi eterei di anime eterne; aveva riempito le parti escrementizie e sozze del mondo inferiore con turba di animali di ogni specie.


12. Ma, compiuta l'opera, l'artefice desiderava che vi fosse qualcuno che sapesse apprezzare il significato di tanto lavoro, che ne sapesse amare la bellezza, ammirarne la grandezza11.


13. Perciò, terminata ogni cosa, come attestano Mosè e Timeo, pensò alla fine di produrre l'uomo12.


14. Ma tra gli archetipi non c'era di che dar formare la nuova progenie, non c'era nei tesori qualcosa a elargire in eredità al figlio, non c'era tra i seggi di tutto il mondo dove potesse sedere il contemplatore dell'universo.


15. Tutto era ormai pieno; tutto era stato distribuito tra gli ordini, sommi, medi, infimi.


16. Ma sarebbe stato tuttavia indegno della potestà paterna venir meno in quest'ultimo parto, quais fosse incapace di generare; indegno della sapienza,ondeggiare per mancanza di consiglio in un'opera necessaria; indegno dell'amore benefico che colui che avrebbe lodato negli altri la divina liberalità fosse indotto a condannarla a suo riguardo.


§ 5. Il discorso di Dio all'uomo


17. Stabilì infine l'attimo artefice che a colui cui non si poteva dare nulla di proprio fosse comune quanto apparteneva ai singoli13.


18. Prese perciò l'uomo, opera dall'immagine non definita14, e postolo nel mezzo del mondo15 così gli parlò: «Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto.


19.La natura agli altri esseri, una volta definita, è costretta entro le leggi da noi dettate.


20. Nel tuo caso sarai tu, non costretto da alcuna limitazione, secondo il tuo arbitrio, nella cui mano ti ho posto, a decidere su di essa.


21. Ti ho posto in mezzo al mondo, perché di qui potessi più facilmente guardare attorno a quanto è nel mondo.


22. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale16, perché come libero, straordinario17plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che avrai preferito.


23. Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini».



1. [132r] Legi,1 Patres Colendissimi, in Arabum monumentis,2 interrogatum Abdalama sarracenum,b quid in hac quasi mundana scenac admirandum maxime spectaretur, nihil spectari homine mirabilius respondisse.d


§ 4.


10. Iam summus Pater architectus deus hanc quam videmusl mundanam domum, divinitatis templum augustissimum, archanae legibus sapientiae fabrefecerat.


11. Supercaelestem regionem mentibus decorarat; ethereos globos aeternis animis vegetarat; excrementarias et feculentas inferioris mundi partesm omnigena animalium turba complerat.


12. Sed, opere consumato, desiderabat artifex esse aliquem qui tanti operis rationem perpenderet, pulchritudinem amaret, magnitudinem admiraretur.


13. Idcirco iam rebus omnibus (ut Moses Timeusque testantur) absolutis, de producendo homine postremo cogitavit.8


14. Verum nec erat in archetipis unde novam sobolem effingeretn nec in thesauris quod novo filio hereditarium largiretur,o nec in subsellisp totius orbis, ubi universi contemplator iste sederet.


15. Iam plena omnia; omnia summis, mediis infimisque ordinibus fuerant distributa.


16. Sed non erat paternae potestatis in extrema faetura quasi effetam defecisse; non erat sapientiae, consilii inopia in re necessaria fluctuasse; non erat benefici amoris, ut qui in aliis esset divinamq liberalitatem laudaturus in se illam damnare cogeretur.


§ 5.


17. Statuit tandem optimus artifex, ut cui dari nihil proprium poteratr commune esset quicquid privatum singulis fuerat.


18. Igitur hominem accepit indiscretae opus imaginis9 atque in mundi positum meditullio10 sic est alloquutus: «Nec certam sedem, nec propriam faciem, nec munus ullum peculiare tibi dedimus, o Adam, ut quam sedem, quam faciem, quae munera tute optaveris, ea, pro voto, pro tua sententia, habeas et possideas.


19. Definita caeteris natura intra praescriptas a nobis leges cohercetur.


20. Tu, nullis angustiis cohercitus, pro tuo arbitrio, in cuius manu te posui, tibi illam prefinies.


21. Medium tes mundi posui, ut circumspiceres inde commodius quidquid est in mundo.


22. Nec te celestem neque terrenum, neque mortalem neque immortalem fecimus, ut tui ipsius quasi arbitrarius honorariusquet 11 plastes in quam [132v] malueris tute formamu effingas.


23. Poteris in inferiora quae sunt bruta degenerare; poteris in superiora quae sunt divina ex tui animi sententia regenerari».


Link da me utilizzati:


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/text/bori/frame2.html


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/saggi/tre_giardini.html

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