venerdì 21 aprile 2006


Zara a chi tocca  


   Quando si parte il gioco de la zara,
      colui che perde si riman dolente,
    repetendo le volte, e tristo impara;
 con l'altro se ne va tutta la gente;
      qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,
    e qual dal lato li si reca a mente;
  el non s'arresta, e questo e quello intende;
      a cui porge la man, più non fa pressa;
    e così da la calca si difende.
  Tal era io in quella turba spessa,
      volgendo a loro, e qua e là, la faccia,
  e promettendo mi sciogliea da essa.


Purgatorio VI, 1-12.


Quando si conclude la partita della zara, colui che perde resta a ripetere le gettate dei dadi per essere più addestrato le prossime volte, e tristemente impara;
il vincitore se ne va seguito ed attorniato da tutta la gente, ognuno cerca di ottenere in regalo una parte della vincita;
ma egli non si ferma, ascolta or questo, or quello, porge la mano, e fra una promessa e l'altra, si difende dalla calca.
Così in quella turba spessa ero io, volgevo la faccia un po' qua e un po' là e promettendo mi allontanavo da essa. 
Dante viene attorniato dalle anime morte violentemente, le quali cercano di parlargli e si paragona, perciò al vincitore del gioco della zara.
Un tempo, il gioco dei dadi era chiamato così per il fatto che la partita veniva annullata quando sulla faccia principale dei dadi appariva un numero convenzionale che corrispondeva allo zero e veniva definito "zara" dall'arabo "zehâr".

LA ZARA
Possiamo dire che il suo nome ricorre ancora nei nostri discorsi ogni volta che parliamo di giochi di fortuna.
Gioco d'azzardo
azzardum
zardum
zarrum
ZARA
Per il gioco della zara (ludus azarj) servono tre dadi a 6 facce ed un tavolo piano (e molti soldi da perdere perché ci si giocava anche le mutande); durante il gioco il giocatore di turno chiama un numero e vince se la somma dei tre dadi lanciati è pari al numero chiamato "suum numerum invocavit" (Petrarca) "Io chiamavo cotal numero che era ragionevole a dover venir" (Jacopo della Lana). Le puntate potevano esser fatte poggiando i soldi sui numeri scritti sul tavolo come in una moderna roulette; a seconda delle combinazioni uscite i giocatori pronunciavano le parole AZAR PUNCTUM PARTIA o altre ancora che spesso servivano a mascherare il gioco stesso, sempre proibito, alle orecchie attente degli ufficiali giudiziariL'offiziale ha da procedere "si audierit aliquem ipsorum dicere AZAR vel PUNCTUM vel PARTIA vel simil verbia" (Statuto alessandrino e già dal XIV sec.)Ora siccome con tre dadi le combinazioni che si possono manifestare in un solo modo quindi più raramente sono 1 , 4 , 17 ,18 queste venivano chiamate AZARI e non computate nel gioco "In tre dadi si è tre lo minore numero che vi sia. E non può venire, se non in un modo, cioè quando ciascun dado viene in asso. Quattro non può venire in tre dadi, se non in uno modo, cioè: uno in due e due in asso. E però che questi numeri non possono venire, se non per uno modo per volta, per schifare fastidio, e per non aspettare troppo, non sono computati nel giocho e sono appellati azari. Lo simile di 17 e 18" Jacopo della Lana
Che la parola zara rappresentasse la combinazione sfavorevole lo si può desumere anche dall'antichissimo proverbio "zara a chi tocca"

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