La Rocca Incantata
Diceria dell’untore
Una lettura affascinante questo libro scritto negli anni, riposto per decenni, fatto nascere di forza col taglio cesareo della persuasione maieutica da Sellerio editore e Sciascia scrittore. Se era per Bufalino avrebbe visto la luce dopo il 1996, anno del suo mortale incidente stradale, arma letale del periodo di pace che riesce là dove non era riuscita la guerra e l’etisia. (anche Svevo e Camus..)
Thomas Mann porta il protagonista nel sanatorio della Montagna Incantata, Gesualdo si porta con i suoi piedi, con ancora indosso i suoi panni sudici di guerra nel sanatorio della Rocca Incantata, non alpi svizzere ma Conca d’oro, Trinacria occidentale. Tutta la materiata bellezza della sua isola si trasfonde nella sua prosa ricca varia elegante corposa ammiccante seducente provocante impertinente sommessa sconvolgente, patetica di patos, barocca di colori toni odori, di figure reali fantasmi surreali…
Trovare in una forma sgargiante, intensa e profonda, esperienze di vita così vere e così vicine a precisi ricordi della mia infanzia. A quei tempi esistevano i sanatori e tante famiglie ne avevano l’esperienza attraverso il ricovero dei loro cari, giovani più spesso che anziani. “Non sudare” era la raccomandazione da undicesimo comandamento di tutte le nostre mamme. Bastava una polmonite ed il resto lo facevano freddo fame guerra arretratezza sociale e mentale.
Marta, “una ragazzetta che fa le mosse allo specchio” riempie tante pagine di questa magia di prosa. Marta che balla leggera come una libellula ha i polmoni pieni di bachi, sa di essere senza futuro, ma riesce a vivere qualche istante di amore ed estasi insieme a Gesualdo in due passeggiate in libera uscita dal sanatorio, sulla riva del mare. “Marta aveva nella voce fate morgane e moine”. Sapendo di essere senza futuro se lo fabbrica al passato così in un intreccio vita-morte da brivido:
“Era un re e non c’è più. Spesso alla mattina faccio un gioco. Vado alla finestra e, mentre mi curo le mani, lo aspetto. ..Lui non viene e tuttavia mi dico: verrà domani. Anche se so che non verrà.
Certe volte però penso un pensiero sciocco e bello, guardando la notte sopra di me. Penso che se uno potesse correre più presto della luce e sopravanzarla e fermarsi ad aspettarla in qualche stazione di stella, vedrebbe replicarsi per intero tutto il rotolo del passato. Mi consola pensare che in un raggio ancora in cammino c’è lui che mi bacia e mi parla, e che qualcuno in capo al cielo non sa ancora ch’è morto”.
Ho conosciuto Marta nella mia prima infanzia, si chiamava Gemma, Gina, Venturina. Tre sorelle di 22, 19,17 anni. Una famiglia di cascina nell’alto Casentino, 5 sorelle 4 fratelli. Cominciò, mi pare, Venturina, la più giovane. Poi incuria ignoranza mala sanità promiscuità fecero il resto. Morirono di tubercolosi quasi dandosi la mano. Io, sì proprio me, ero il primogenito del primogenito dei nove fratelli-sorelle. Bambino in fasce tenuto in collo e coccolato da Gemmaginaventurina, soprattutto da Gemma. Il ricordo più lontano nel mio passato inconscio, cioè il momento della prima scintilla di coscienza è costituito dal riso di Gemma che, nel prendermi in braccio, s’accorge, dall’odore, che il bambolotto ha fatto la cacca. Tre ragazze di vent’anni che hanno assaporato attraverso me l’istinto di maternità rimasto così tragicamente irriso dalla fine ingiusta loro assegnata dalla natura matrigna e dall’arretratezza sociale, volgarmente chiamate destino cinico e baro. Un loro fratello ha poi vissuto mesi di riabilitazione in una Rocca toscana e n’è tornato vivo come Bufalino dalla sua Rocca sicula. E i suoi polmoni continuano a tutt’oggi a mescolare ossigeno nel sangue che il cuore spinge al cervello, settanta colpi al minuto, in un poggio dell’alto Casentino, sotto Camaldoli.
E poi – sempre nel libro di Bufalino - ritrovo la guerra e l’immediato dopo e l’incontro confronto con altri compagni di avventura…tutto un groviglio di rimembranze dolciamare, di rimescolii interiori confusamente riaffiorati...
Voglio dire che per me …il più grande scrittore contemporaneo non è Lansdale del Texas.
Ho in questo momento davanti agli occhi il piccolo cimitero di Avena, via di Moggiona, direzione Monastero di Camaldoli. C’è ancora un pezzo di marmo con una foto sbiadita di tre ragazze vissute negli anni trenta. Prima che tutto sparisca correrò per fare una foto e riversarla qui.
Con lacrime vere che Bufalino così mi traduce:
Il peccato: inventato dagli uomini per meritare la pena di vivere, per non essere castigati senza perché. (pag. 39)
Sorte mia e dei miei di procedere sempre in un’aria di catastrofe: fasce nere al braccio e malocchi dietro la nuca; ostinandoci a vuoto con testate di giovini tonni contro le maglie della rete, mentre intorno ogni lancio d’arpione solleva spruzzi di schiuma vermiglia. (pag. 81)
Gesualdo Bufalino, Diceria dell'untore, Museo d'ombre, Sellerio ed. Palermo, Edizione Club del libro, 1981, 82.
Fuori campo
Che immagine la tonnara dei giovani tonni che battono la testa contro le maglie della rete mentre intorno ogni lancio d'arpione solleva spruzzi di schiuma vermiglia.
E noi a dar basi e sostegno a "U patruni gran signuri, e lu raissi cumannaturi, capivardia, chiamaturi,vardianu, gran infamuni"
Fino a che inizia la mattanza, quando sarà silenzio e s'udrà solo il grido d'incitamento, "Unu e ddui! Unu e ddui!", nello sforzo di issare a bordo il tonno arpionato.
Da Vincenzo Consolo, Di qua dal faro, Oscar Mondadori 2002, pag.64.
Palestina, Iraq.
Uno e ddui!
Uno e ddui!
Siria, Iran
Uno e ddui!
Uno e ddui!
Libano, Afganistan
Uno e ddui!
Uno e ddui!
Li tunni e li tunnari
sonno rosi cu li ciuri
sunnu panni di culuri
sunnu panni di Suria.
I tonni e le tonnare
sono rose con i fiori
sono panni di colori
sono panni di Siria.
Diu niscampi di cursari
di chiddi turchi cani
turchi e mori
saracini
livantini
chi nun crirunu alla firi. (fede).
Non c'è tempo da perdere
dall'una all'altra sponda
Il mondo non può attendere
tutta 'sta baraonda.
17 marzo: marcia sul Merdagono
O Vicenza Vicenza Vicenza
Tanti cuori son senza coscienza
Questa base l'avete voluta
schernitori di carne venduta
e rovina dell'umanità
Aerei da passeggio
Contro la base di Vicenza
Franca Rame e Dario Fo
Evviva! Avremo anche noi una potente aviazione da guerra con la bellezza di 133 aerei da combattimento che abbiamo appena ordinato agli Stati Uniti. Qualche giorno fa il senatore Lorenzo Forceri, su incarico del Governo, si è appositamente recato, quasi in segreto, a Washington per firmare l'accordo. L'acquisto ci costerà molto caro, ma alcuni tecnici della coalizione governativa ci assicurano che sarà un affare. Ogni macchina da guerra volante verrà assemblata in Italia, esattamente in un grande atelièr di alta meccanica presso Novara. Ci lavoreranno circa 200 operai.
E' importante sapere il nome con cui vengono ufficialmente chiamati questi apparecchi d'assalto: Joint Strike Fighter che, tradotto un po' all'ingrosso, significa caccia bombardiere d'attacco e immediata distruzione.
Ma scusate: Prodi e il suo apparato governativo non ci avevano assicurato che tutte le nostre missioni all'estero, a cominciare dall'Afghanistan, sarebbero state assolutamente missioni di pace e profondamente umanitarie? Io mi credevo che "immediata distruzione" significasse cancellazione totale di obiettivi militari e anche civili casualmente abitati dalle solite vittime collaterali con lancio di napalm, bombe a grappolo e fosforo bianco. "No!", sono stato subito corretto dalle dichiarazioni dei ministri della guerra Usa. Ci hanno spiegato che quelle bordate di luce accecante sono in verità luminarie per creare effetti festosi e rendere splendenti le immagini paesaggistiche della zona. Ma veniamo al dunque.
Cosa costa in realtà ogni singolo "Fighter Distructor"? Ecco la cifra: esattamente 100 milioni di euro cadauno. Ma non si concedono prototipi singoli: il contratto vale solo se si acquista lo stormo al completo. Nel nostro caso si tratta di 133 aerei. Prendere o lasciare! Così il blocco volante ci verrà a costare 13 miliardi di euro più trasporto, assemblaggio, tecnologia di ricambio, macchine robotiche e uno staff di tecnici della casa costruttrice per la manutenzione e le varianti tecnologiche, giacché il vero collaudo dei volatili meccanici dovrà svolgersi sulle nostre basi che evidentemente abbisogneranno di strutture e hangar speciali.
Alcuni tecnici da noi interpellati hanno sparato costi da capogiro. Sempre a livello di miliardi di dollari! Una cifra che da sola ci permetterebbe di risolvere d'acchito il problema della disoccupazione giovanile in Italia, aggiunto al problema delle pensioni, oppure finalmente finanziare la ricerca.
Il fatto curioso e nello stesso tempo sconvolgente è che nessun giornale, fra i numerosi cosiddetti indipendenti, ne abbia parlato, o almeno dato accenno, a partire da la Repubblica, il Corriere, il Messaggero etc. L'unico che ne aveva trattato largamente è il Manifesto. Ma prima di questo quotidiano, chi ha dato notizia dell'inqualificabile acquisto? Due vescovi del Piemonte che in un comunicato osservavano che l'acquistare un così gran numero di potenti aerei da combattimento, attacco e distruzione non era certo un amoroso segnale di pace e non faceva intravedere un programma consono alla costituzione italiana che "ripudia la guerra".
Per finire con i diabolici Fighter, c'è un ultima notizia, naturalmente taciuta dal nostro governo libero e giocondo, una notizia tenuta nascosta dai quotidiani governativi e d'opposizione, radio, televisioni e svelata soltanto sul sito di Pax Christi, sul Manifesto, e da alcuni movimenti pacifisti nei loro blog. I velivoli in questione sono prodotti da una nota impresa aeronautica, la Lockheed, la stessa che una trentina d'anni fa pagò nostri ministri e capi del governo della Dc, versando miliardi in tangenti, perché lo Stato italiano scegliesse di acquistare da loro speciali aerei da guerra.
Veniamo a sapere che la Lockheed in questione ha proposto l'acquisto degli stessi "Fighter-ammazza-e-fai-strage" all'Olanda. Il governo dell'Aia, come sua abitudine, di democrazia reale, ha reso nota al pubblico l'operazione e ha richiesto all'America i progetti e gli abbozzi di prototipi. Dopo averli esaminati per lungo tempo con la consulenza di ingegneri specialisti del settore, ha decretato: "Grazie, ma non se ne fa niente.
...le basi militari Usa conosciute nel mondo sono oggi oltre 850, il doppio di quelle dell'impero romano d'occidente nel momento della sua massima espansione. In Europa sono 499. In otto di questi siti europei sono custodite 480 testate nucleari (Left 26 genn). Un esercito di 150.000 uomini (civili e militari) presta servizio in queste basi.
A queste basi va aggiunto un numero imprecisato di strutture segrete - avamposti per le intercettazioni delle comunicazioni, centri di spionaggio, basi aeronavali e sommergibilistiche - spesso invisibili allo sguardo ma pienamente operative per fini sconosciuti.
Alla pagina "B-10" del rapporto Usa c'è la scheda che ci riguarda: vi si legge che il contributo annuale alla "difesa comune" versato dall'Italia agli Usa per le "spese di stazionamento" delle forze armate americane è pari a 366 milioni di dollari
Però nella città del Palladio non vedremo giungere solo uomini. La 173ma brigata non è composta da soli paracadutisti e aviotrasportati. Reca con sé un bagaglio più che consistente: 55 tank M1 Abrams (cioè proprio pesanti! Con cannoni da 90 a 120 millimetri), 85 veicoli corazzati da combattimento, 14 mortai pesanti semoventi, 40 jeep humvee con sistemi elettronici da ricognizione, due nuclei di aerei spia telecomandati Predator, una sezione di intelligence provvista di diavolerie elettroniche, due batterie di artiglieria con obici semoventi e i micidiali lanciarazzi multipli a raggio lungo Mrls.
...40 le testate nucleari stoccate nella base di Torre di Ghedi (provincia di Brescia) e 50 quelle custodite ad Aviano, della potenza variante da 0,3 a 170 chilotoni (quella della bomba sganciata su Hiroshima era di circa 15 chilotoni.
L'articolo per intero qui.
Il video
Nessun commento:
Posta un commento