martedì 10 gennaio 2012

Stop Sodastream


Si prega la massima diffusione!
La risposta della Sodastream non convinceLa campagna Stop Sodastream mette in luce le mistificazioni della ditta israeliana
La campagna Stop Sodastream ha ricevuto una risposta da Sodastream Italia, tramite l'agenzia per le pubbliche relazioni Edelman, alla lettera firmata da oltre 1100 persone e con 30 firme collettive per chiedere ai rivenditori/promotori di interrompere i rapporti con la ditta israeliana perché operante in contravvenzione del diritto internazionale.
Consideriamo i punti sollevati dalla Sodastream completamente irrelevanti in quanto non affrontano la questione centrale della violazione dei diritti umani e del diritto internazionale, e della complicità con l'occupazione israeliana dei Territori palestinesi occupati.
Tuttavia, riteniamo opportuno ripercorrere quanto sostenuto da Sodastream per dimostrare le ragioni della nostra campagna.
1. "SodaStream ha sede in Israele, presso Tel Aviv, e produce i suoi prodotti in 12 impianti produttivi distribuiti in numerosi Paesi. Fra di essi figurano fabbriche in Cina (2), Germania, Svezia, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Paesi Bassi, USA e due in Israele, una delle quali è quella di Mishor Adumim…"
Anche se ci fossero centinaia di "impianti produttivi" in tutto il mondo, non cambierebbe il fatto che la fabbrica di Mishor Adumim è costruita su terre rubate ai palestinesi e quindi viola i diritti umani ed il diritto internazionale.
Inoltre, il rapporto annuale di Sodastream dimostra chiaramente che la fabbrica a Mishor Adumim è anche quella principale di produzione:
§ L’impianto, con una superficie di 15.256 m2, è quattro volte più grande della sede di Tel Aviv, otto volte l'altro impianto israeliano a Ashkelon che produce solo concentrati per le bibite.
§ L'impianto in Cina produce solo "certi componenti".
§ Gli "impianti produttivi" in Germania, Svezia, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Paesi Bassi, USA sono solo uffici di rappresentanza, marketing e stazioni di ricarica per i cilindri di CO2.
Fonte: Sodastream International Ltd. Annual Report for the Fiscal Year Ended December 31, 2010, "Manufacturing and Production," p. 37 e "Facilities," p. 40.
2. "…dove lavorano circa 160 palestinesi che ricevono per intero tutte le prestazioni sociali e sanitarie in conformità con la legge israeliana e anche più, inclusi contributi pensionistici e assicurativi. Il diritto del lavoro di Israele richiede che un datore di lavoro paghi salari e contributi che sono 4 volte superiori a quelli richiesti dall’Autorità Palestinese. Se si considera che, in media, ogni dipendente palestinese mantiene 10 persone, considerando il tasso di disoccupazione nell’Autorità Palestinese (stimata al 30%), l’azienda assicura cibo e alloggio a 1.600 persone. Oltre a ciò, SodaStream eroga anche benefici accessori che includono: pasti caldi quotidiani, abbigliamento, trasporto e retribuzione per lavoro straordinario fino al 200% conformemente alla legge israeliana."
Il fatto che una società come SodaStream, che trae profitto dal regime di occupazione, si proponga come benefattrice dei palestinesi suona come mistificatorio. Anche se le condizioni di lavoro dei palestinesi nell’impianto di Mishor Adumim fossero quelle descritte (cosa smentita nel passato dall'organizzazione israeliana Kav LaOved), rimane il fatto che questi lavoratori non godono dei diritti civili (inclusi quelli di sindacali) in quanto soggetti ad un regime di occupazione e che rimangono sotto continuo ricatto da parte dell’azienda che può fare revocare il loro permesso di lavoro nella colonia in ogni momento.
I lavoratori palestinesi spesso non hanno altra scelta che lavorare nelle colonie, in una situazione di alti tassi di disoccupazione che sono il diretto risultato dell'occupazione israeliana. Il rapporto 2011 della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo collega esplicitamente il declino nei settori agricoli e industriali palestinesi e le condizioni umanitarie disastrose con le politiche del governo israeliano, in particolare la confisca di terra e di risorse naturali, la restrizione sul movimento delle persone e della merce e l'isolamento dai mercati internazionali. Il vantarsi di aver dato lavoro a coloro ai quali sono state rubate la propria terra e la libertà non può che essere considerato un atteggiamento coloniale.
Fonti:
3. "Fra i 700 dipendenti della fabbrica di Mishor Adumim, figurano Ebrei, Palestinesi, Cristiani, Russi, Etiopi, Beduini e Americani. Dal punto di vista di SodaStream questo è uno splendido esempio di coesistenza pacifica che conduce a una prosperità economica da cui tutti traggono vantaggio. L’azienda celebra regolarmente le festività di tutti e è favorito lo scambio culturale."
Parlare di “coesistenza pacifica” tra persone che non hanno gli stessi diritti e le stesse opportunità a livello sociale, economico e politico è una mistificazione. Tra i dipendenti della Sodastream, c’è inevitabilmente una netta differenza tra le condizioni degli occupanti e quelle di chi subisce l'occupazione. Ad esempio, come nel Sud Africa dell'Apartheid dove alla maggioranza nera era consentito entrare nelle zone riservate ai bianchi solo per lavorare, così anche i palestinesi dipendono dai coloni per i permessi di lavoro.
Inoltre, i Beduini di Jahalin, già cacciati dalle loro terre del Negev negli anni 50, sono stati poi espulsi proprio dalla zona di Mishor Adumim dove la Sodastream ha la fabbrica.
Fonti:
- Human Rights Watch, Separate and Unequal, "Jahalin Bedouin and Ma’ale Adumim"
4. "Come è noto, Soda Stream ha deciso recentemente di non espandere ulteriormente la fabbrica di Mishor Adumim, ma di costruirne invece una all’interno della Green Line. La costruzione è già in atto, su delibera del Consiglio d’amministrazione."
L'impegnarsi a non espandere un'attività illegale che, secondo il sito della Sodastream, la ditta porta avanti dal 1996, conta ben poco. Rimane il fatto che l’impianto produttivo è localizzato in una colonia illegale in contravvenzione alla legislazione internazionale.
Fonte: Sito Sodastream, History of the Sodastream Group
5. "Attualmente SodaStream non beneficia di affitti bassi e potrebbe affittare altre strutture nei territori non contesi di Israele per molto meno. Lo stesso vale per gli incentivi: l’azienda gode degli stessi incentivi fiscali di qualsiasi altra zona industriale di Israele, indipendentemente dal fatto che si trovi o no in territori contesi."
Nel rapporto annuale della Sodastream, tra i "fattori di rischio" figura la possibilità, a causa di pubblicità negativa e boicottaggi, di "dover trasferire una parte importante delle attività manufatturiere fuori dalla Cisgiordania" che potrebbe "limitare certi incentivi fiscali" dei quali la ditta può attualmente usufruire.Infatti, secondo il sito del parco industriale di Mishor Edumim, questo è designato "Zona di Sviluppo 'A'" che gode dei massimi incentivi fiscali da parte dello stato Israeliano.
Infine, i territori Palestinesi sono occupati, non "contesi", come è stato riconosciuto tra gli altri dalla Corte Internazionale di Giustizia, dal Comitato internazionale della Croce Rossa e dalla Conferenza delle Alte Parti Contraenti della Quarta Convenzione di Ginevra .

Fonti:
- Adumim Industrial Park, Business Benefits
6. "Per quanto attiene alla vicenda della Coop Svezia, è vero sì che lo scorso 19 luglio ha deciso di sospendere tali prodotti dalla vendita, ma è anche vero che, dopo una piccola indagine, ora ha deciso di rimetterli negli scaffali."
Gli attivisti svedesi ci informano che COOP Svezia afferma di avere in mano i risultati di un'indagine che giustifica, a loro dire, la commercializzazione dei prodotti Sodastream. COOP Svezia si rifiuta, però, di condividere con il rapporto con gli attivisti. Se Sodastream vuole fornirci il rapporto saremo felici di commentarlo.
7. "SodaStream del resto è tenuta sotto stretto controllo da parte dell’Ufficio per la protezione ambientale di Israele, il che comporta ispezioni a sorpresa, e si attiene ai più alti standard ambientali."
È noto che le imprese israeliane e internazionali ritengono inapplicabili le leggi israeliane sulla protezione dell'ambiente per quanto riguarda le fabbriche nella Cisgiordania occupata. Secondo il rapporto del 2009 dell'organizzazione israeliana B'Tselem, Israele non applica le leggi ambientali nelle colonie e nelle zone industriali israeliane nella Cisgiordania occupata.
Per quanto riguarda ispezioni a sorpresa, secondo Bloomberg Businessweek e il sito Corporate Watch, la fabbrica Sodastream a Mishor Adumim è "la più fortemente protetta della zona, con recinzione elettrica multilivello a proteggere i suoi perimetri e telecamere che monitorano tutto quello che succede."
Fonti:
- Bloomberg Businessweek, "EU Eyes Exports from Israeli Settlements"
8. "In seguito alla pubblicazione di rapporti mendaci, l’azienda ha anche deciso di ospitare visite e controlli, in particolari audit sociali, quali l’audit BSCI (Business Social Compliance Initiative) internazionalmente accettato, con la conclusione che non sono necessarie azioni correttive."
Chiaramente un'organizzazione di auditing che certifica una fabbrica ubicata nei Territori palestinesi occupati non ha nessuna credibilità.
Per far fronte alle mistificazioni della Sodastream, la nostra campagna continuerà a sviluppare iniziative per far conoscere le verità che la ditta nasconde e a promuovere azioni di boicottaggio dei suoi prodotti.
Stop Sodastreamstopsodastream@gmail.com
Note:
La lettera ai rivenditori/promotori dei prodotti Sodastream:http://www.stopagrexcoitalia.org/iniziative/online/273-sodastream.html
Comunicato del 23 dicembre, "No alla violazione dei diritti umani sotto l'albero di Natale":http://www.stopagrexcoitalia.org/news/comunicati/276-cs-soda.html
Dossier della Coalizione delle donne per la pace – Israele, "SodaStream: A Case Study for Corporate Activity in Illegal Israeli Settlements":http://www.whoprofits.org/articlefiles/WhoProfits-ProductioninSettlements-SodaStream.pdf




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