IL TEMA DI MOHAMED
Mi chiamo Mohamed
e ho 10 anni. Sono nato in un piccolo paese in cima a una collina in un giorno
che il sole batteva forte; mi hanno detto che quel giorno c'erano 45 gradi
fuori. Mamma sudava, papà sudava, i medici sudavano.
La mia terra è
bella, a me piace. E' un po' polverosa, ma io sono contento della mia terra. Ci
sono tante cose da fare. Correre. Giocare con la palla, saltare i muretti di
pietra, giocare a nascondino. Coi miei amici gioco sempre a nascondino, perchè
il mio villaggio è fatto da tante casette dove ci si riesce a nascondere
benissimo: una volta sono rimasto nascosto per 2 ore dietro un cancello e
Shara, la mia sorellina, non è riuscita a trovarmi mai.
Il gioco più
divertente però è quando facciamo la gara di aquiloni, vince chi riesce a farlo
volare più in alto; dopo la scuola lo facciamo spesso, con i miei amici.
Corriamo su per la via, tutti con un aquilone in mano, per vedere chi è il più
bravo. Mamma dice che possiamo andare fino al bivio, e lì dobbiamo fermarci,
non possiamo andare più avanti del bivio, perchè oltre, per noi, è vietato
andare. Oltre il bivio ci sono quelli là, che non vogliono che io e i miei
compagni andiamo vicino alle loro case. Io non capisco perchè, però ho paura e
quindi non vado. Una volta un mio amico è andato un po' più avanti, ma poi è
scappato subito indietro. Nessuno di noi è coraggioso.
E' brutto non
potere andare in un posto che è tuo. Oltre il bivio è sempre la mia terra, ma
io non posso andarci, mamma e papà non possono andarci, i miei fratelli non
possono andarci. Io ho 6 fratelli, tre siamo maschi e tre femmine, e nessuno di
noi può andarci.
Anche se non
possiamo andare oltre il bivio sono contento lo stesso, perchè almeno possiamo
fare quello che vogliamo, nel nostro villaggio. Una volta sono stato a trovare
mio cugino Nur che abita vicino a qui, e lui è molto più sfortunato di me. Lui
ha paura anche di andare a scuola, perchè mentre va a scuola coi suoi compagni
vengono aggrediti da quelli lì: gli lanciano pietre e gli urlano brutte cose.
Mio cugino e i suoi amici devono camminare in fretta per non farsi colpire.
Dice che sono persone arrabbiate e gridano tutti. Non capisco perchè quella
gente ce l'ha con noi e ci impedisce di camminare sulla nostra terra, coltivare
i nostri campi, comprare nei nostri negozi. Noi non siamo cattivi, io e i miei
fratelli diciamo una preghiera mattina e sera, due volte al giorno; secondo me
noi siamo abbastanza buoni invece.
Ma quelli lì,
quella gente lì, ci urla che dobbiamo andarcene. Ci chiude le strade, ma è il
nostro paese. Ci toglie l'acqua, ma è la nostra acqua. Ci distrugge le case, ma
sono le nostre case. A casa di un mio amico non hanno più né acqua né luce,
perchè quelli lì non vogliono che loro vivano in quella casa. Papà dice che presto
la butteranno giù, la loro casa, e il mio amico con la sua famiglia non avranno
più un posto dove stare.
Una volta sono andato in una città qui vicino con mamma e papà a
trovare un amico di papà; io e Imad, un bambino che viveva lì, siamo scesi a giocare
con il pallone. Io sono forte a pallone, sono il più bravo della mia classe. A
un certo punto ho tirato così forte che il pallone è andato oltre il muro che
c'era lì accanto. Lo vedevo spesso quel muro alto e lungo, ma non ci avevo mai
fatto troppa attenzione. Invece Imad mi ha detto che non potevamo più giocare
perchè noi non potevamo andare dall'altra parte del muro. Noi potevamo stare
solo da questa parte, di là ci stavano gli altri. Imad mi ha anche detto che
dall'altra parte, oltre il muro, la città non era bella, viva, colorata e
rumorosa come da questa parte. Di là dal muro c'era una città vuota,
abbandonata, paurosa, una città fantasma. Il pallone era perso e il gioco era
finito.
Spesso la sera, prima di dormire penso a perchè nella mia terra
c'è gente cattiva? Io credo che sarebbe più bello se tutti possono andare
dappertutto, così saremmo tutti più contenti. Anche i miei compagni pensano
come me. Invece loro non vogliono, quelli lì. E a volte sono anche violenti,
come quando siamo andati con zio Maher a vedere il mare Morto. Era venerdì, era
festa, il venerdì non si va a scuola. E zio Maher ci ha chiesto a me e ai miei
fratelli se volevamo andare a fare una gita al mare Morto, che a noi piace
tantissimo. “Ialla” ci ha detto, andiamo! Siamo saltati tutti in macchina, io
ero seduto davanti, che mi viene la nausea. Quando siamo arrivati a una specie
di casello, che zio Maher chiama check point, ho subito avuto paura, perchè ho
visto quelli lì vestiti come nelle guerre, con i fucili e i mitra in mano e i
vestiti verdi imbottiti. A me sembrava stupido, visto che eravamo in pace e non
c'erano pericoli. Ci hanno fatto fermare e hanno fatto scendere zio Maher, lo
trattavano male. Poi lo hanno portato dietro, dove noi non vedevamo, e dopo 10
minuti hanno riportato zio Maher. Era tutto sanguinante e dolorante, non stava
quasi in piedi, lo avevano picchiato fortissimo. L'hanno fatto salire in
macchina e gli hanno detto che così la volta dopo ci avrebbe ripensato, a
passare di lì. Io non capivo perchè avevano picchiato zio Maher, che voleva
solo andare con noi a vedere il mare Morto.
Il mio nome è Mohamed, come quello di molti altri
bambini del mio villaggio. Ho 10 anni e sono palestinese; vivo in una terra che
secondo me è mia ma quellì lì me la vogliono togliere; vivo in un paese che
secondo me è mio ma quellì lì vogliono che sia loro; vivo in un popolo che
secondo me è forte ma quellì lì vogliono che sia debole. Quellì lì, quelli che
ce l'hanno con noi, li chiamano gli “israeliani”; loro dicono che non ci odiano
ma che noi dobbiamo andare via perchè questo posto è loro. Ma papà e mamma
dicono che no, che non è vero, che noi abbiamo sempre vissuto qui. E anche la
televisione, i telegiornali, quando intervistano la gente famosa, i capi degli
altri paesi, tutti dicono come mamma e papà, che quella terra è nostra, è dei
palestinesi. E poi io l'ho anche letto sui libri di scuola che questa terra si
chiama Palestina.
Mi chiamo Mohamed
e sono palestinese. Non ce l'ho con gli israeliani, non voglio che loro stiano
male. Ma voglio solo vivere contento e felice nella mia terra, poter andare con
papà a coltivare il campo, andare con le mie sorelle a vedere cosa c'è oltre il
bivio, andare con Imad al di là del muro a recuperare il nostro pallone, andare
con zio Maher a vedere il Mare Morto. Vorrei anche un giorno, quando sono
grande, poter andare a vedere Gerusalemme, che so che è una grande città, piena
di negozi e di macchine; e poi è la capitale del mio paese, la città più
importante. Papà dice che noi non possiamo entrare nel centro di Gerusalemme. A
scuola ho imparato cosa vuol dire giustizia, e che ci sono cose che sono giuste
e altre che sono ingiuste. Ecco, io penso che tutto questo è ingiusto. Perchè
gli israeliani dicono che hanno diritto ad avere un loro paese su una terra che
non era loro, all'inizio, e allora adesso non è giusto che non capiscano che
anche io e tutti i miei amici vogliamo avere una nazione sulla nostra terra.
Mi chiamo Mohamed
e sono palestinese. Da grande vorrei fare il racconta storie, perchè mi piace
scrivere. E nel mio libro voglio raccontare che Israele è uno Stato dove vivono
gli israeliani, ed è giusto che ci sia. E voglio anche che gli israeliani siano
felici, che vadano al mare e corrano nelle loro lunghe spiagge, che possano
pregare nelle sinagoghe, che possano costruire le loro città con i tetti rossi
ovunque, nel loro paese. E poi nel libro voglio anche scrivere del mio paese,
che si chiama Palestina, dove i bambini giocano con gli aquiloni correndo per i
campi senza fare attenzione al bivio, dove papà costruisce la nostra casa senza
che venga distrutta, dove posso andare con zio Maer a fare il bagno al mare,
sulle stesse spiagge dove corrono e giocano i bambini israeliani.
(email di Pietro De Luca)
Ciao Pietro,
Appena ho iniziato a leggere la tua storia mi è subito venuto in mente un video che mi hanno mostrato a Nabi Saleh, il villaggio dove sono andato per la manifestazione del venerdì.
Appena ho iniziato a leggere la tua storia mi è subito venuto in mente un video che mi hanno mostrato a Nabi Saleh, il villaggio dove sono andato per la manifestazione del venerdì.
Ti giro il link...
Grazie per il bel racconto.
Un Abbraccio
Andrea
Andrea
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