mercoledì 2 gennaio 2008

Ornella racconta (III)



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Oman



20 dicembre 

Dopo lo Yemen, un giorno di navigazione e facciamo scalo nella “tranquilla Salalah.” E’ la seconda città del sultanato dell’Oman, monarchia assoluta dove dal 2004 sono state nominate tre donne ministro. L’Oman è un grande produttore  di petrolio, si affaccia sul Mar Arabico  ed è un paese che si apre ora al turismo. Il primo impatto è gradevole. Cielo azzurro, mare con larghe spiagge sabbiose, viali fiancheggiati da palme, qualche dromedario che tranquillo cammina accanto alla strada asfaltata. La guida è un giovanissimo indiano che ci dice subito che oggi è il grande giorno di festa in cui i musulmani mangiano carne di agnello, i suk saranno quindi chiusi se si eccettua i negozietti gestiti dagli indiani, che non sono musulmani.

Per i viali deserti si vede solo qualche uomo con la tunica ampia, candida. Sembra una città spopolata. Ma dopo la confusione di Sana’a questa città ci sembra così rilassante…. Per prima cosa la guida ci dice che siamo nel Dhofar, la regione che anche anticamente era famosa per l’incenso e ci mostra un esemplare che ancora rimane di questa pianta. Poi andiamo alla baia di Khor Rori dove vicino al mare sono stati trovati resti della città distrutta di Sumhuram, centro commerciale dell’antichità che aveva rapporti con l’Estremo Oriente e anche con  Grecia. Oltre al nostro gruppo c’è una famiglia di indiani: con loro la vecchia madre che è rimasta con me in attesa, prima di passare un ponticello poco agevole. La osservo perché ha un’innata distinzione: capelli bianchi, ondulati raccolti in una crocchia, un sari viola indossato con eleganza. Quando il figlio arriva, la sostiene con delicatezza e una sorta di rispettosa devozione. Anche Luci mi è venuto a prendere per farmi ammirare un tratto  del mare che si insinua nell’uadi.

Questa parte dell’Oman ha un clima tropicale e nella stagione delle piogge è tutto una fioritura. Anche il resort in cui andiamo a mangiare  è circondato da molto verde e dispiace quasi lasciarlo per andare a vedere il solito suk, dove alcuni indiani offrono profumi di scadente qualità , le solite sciarpe e alcuni bastoncini flessibili usati dagli arabi.

Verso le 16 ci dirigiamo attraverso una strada modernissima verso un promontorio roccioso dove dei “geyser marini” possono raggiungere anche dieci metri di altezza. Non sono fenomeni vulcanici. Il mare entra nelle grotte sottostanti e quando la forza del moto ondoso è notevole  l’acqua del mare sale in superficie da delle bocche di emissione. Noi riusciremo a sentire soltanto il boato intermittente delle acque. E’ l’ora del tramonto e insieme a moltissime famiglie indiane che hanno lasciato le auto al parcheggio e sicuramente sono venute a trovare i loro parenti immigrati nell’Oman, contempliamo il mare e il sole che tra poco si nasconderà dietro le rocce. Mi sento tra tutti quegli indiani cittadina del mondo.

21dicembre.

Scalo a Muscat , capitale dell’Oman. Insieme ai nostri compagni di jeep   dello Yemen affittiamo un’auto per vedere i punti più interessanti della capitale dell’Oman: la Grande Moschea modernissima, ma nella quale non si può entrare perché è venerdì e quindi giornata di culto, il Palazzo reale, molto moderno , ma in stile arabo, e  vari forti arroccati lungo la costa, chiusi però al pubblico. Poi arriviamo in un tratto di spiaggia dove dovrebbero tra poco aprire degli Hotel. Il tutto è all’insegna della pulizia, dell’ordine che creano un ‘atmosfera di serenità e anche di modernità. Non una modernità come quella che vedremo a Dubai, ma una modernità che si adatta allo stile arabo. Poche anche oggi  le persone per strada. Forse perché è mattina o perché è giorno di festa .  Ma verso le 11 fa già molto caldo, la temperatura è intorno a 30° e quindi si ritorna alla nave soddisfatti.

E’ vero che l’Oman è una monarchia assoluta, ma chi ci dice che almeno per ora questa non  sia la forma di governo più giusta per portare questa gente che esce da poco dal profondo medio evo verso un’evoluzione dei costumi in senso occidentale?

Ma perché questa smania di portare la democrazia da per tutto? Questo è un leit motiv, che nasconde ben altri scopi !


Aggiornamento del 4 gennaio 2007.


A conforto di quanto afferma Ornella, allego qui un pezzo preso dal blog di Beppe Grillo che riporta l'intervento di Massimo Fini al V Day di Bologna:


Grillo: Massimo Fini ha espresso un concetto sintetizzato da Charles Bukowski: "La differenza tra la democrazia e la dittatura è che nella prima ti fanno votare poi ti danno ordini, mentre nella seconda non ti fanno perdere tempo a votare."

Se la democrazia rappresentativa è il migliore dei mondi possibili, la sua versione degenerata italiana è il peggiore dei migliori mondi possibili. In Italia il cittadino conta uno, ma non vale un c...o.


Fini: Io ho definito e definisco la democrazia rappresentativa, in modo un po' brutale se volete, un modo per metterlo nel c..o alla gente col suo consenso e soprattutto alla povera gente. Innanzitutto non si è mai capito bene cosa sia la democrazia rappresentativa: Norberto Bobbio, che ha dedicato tutta la sua lunga e laboriosa vita a questo tema, non ne viene a capo. Indica come essenziali della democrazia rappresentativa una volta nove elementi, una volta sei, una volta tre. Comunque prendiamo due elementi che vengono considerati dalla vulgata come essenziali della democrazia, cioè il voto è uguale - one man, one vote - come dicono gli anglosassoni , il voto è libero. Ebbene, il voto non è uguale: il consenso è taroccato. Il voto non è uguale per la ragione definitiva che è stata illustrata da quella che viene chiamata la scuola élitista italiana dei primi del Novecento, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto e Roberto Michels. Dice Mosca: "Cento che agiscano sempre di concerto e d'accordo prevarranno sempre su mille che agiscano liberamente". Il consenso non è libero perché ampiamente condizionato dai mass media che sono in mano ai soliti noti e che, non a caso, si chiamano strumenti del consenso.

Link al post di Grillo.

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