domenica 29 luglio 2007

Viaggio in Sicilia (X)


Sicilia Sicilia

Oggi festeggio a tavola con nero d'Avola, crema di Pistacchio, marmellata di mandarino. Per far uscire il blog dal necrologio dei posts precedenti parliamo di viaggi e prendi nota:

Soggiorno a palermo: B%B Politeama Square, € 65 camera doppia con bagno, in zona centrale strategica per i servizi pubblici e passeggiata a piedi per il centro. Non dimenticare il numero 112 di Via Emerico Amari, perché altrimenti il B%B non lo trovi: Politeama square è un nome appena visibile sotto un campanello nella sfilza dei condomini di un grande palazzo, a fianco di un grande portone. Per un'oretta mi sono sentito Fantozzi, la sera del mio arrivo da Punta Raisi. 

Ristorante consigliato da Umberto Santino: Il mirto e la rosa, via dei Granatelli, due passi da Piazza Politeama.

Al mercato di Ballarò acquista le olive condite di Napoli Francesco Via del Bosco 49. I tuoi capricci – gastronomia antica sapori siculi (sono in buste di plastica da mezzo kg).  2 € a busta.

 Trasferimento Palermo-Siracusa con autobus di linea, ottimo viaggio della durata di tre ore con  sosta idraulica e quant'altro. Euro 8. A Siracusa alloggia al B%B Casa Mia, a due passi dall'isola di Ortigia. Ma prenota per tempo,  altrimenti dopo la prima notte ti mandano via come successo a me. E' un condominio con poche camere,  ben curato e confortevole nella sua semplicità.

Ristorante consigliato "La foglia" a due passi dalla fontana Aretusa e dalla grande barocca  magnifica piazza duomo, dove la Madonna ha preso il posto e la casa di Atena che, in nome della  solidarietà fra donne, le ha lasciato intere le colonne del suo tempio; grande esprit de finesse da  parte di una dea che lascia il posto a una collega che è soltanto semidea. Chiedi il macco, la zuppa  di fave, e la caponata. L'oste ti mette in tavola due caraffe di vino, assaggi e scegli quale delle  due deve rimanere: originale.

Noleggio macchina: 38 euro giornalieri per una panda in Via Maestranza, non ricordo il nome della ditta  ma è l'unica nella strada. Così fai lavorare 3 giovani gentili che ce la mettono tutta per non  finire disoccupati emigrati qui nel continente.

Con la Panda a noleggio in pochi passi sei a Fontane Bianche, a sud di Siracusa; il tempo di ammirare le  siepi coperte di bouganville in fiore, o natura natura, di dormire una notte al Nido Colorato di Anacleto ( lo pensavo vecchio, è giovanissimo e ce la mette tutta per far contenti i clienti del  noleggiatore di Via makeda che lì ci aveva indirizzato; ma il tempo, ai primi di giugno del 2007,  come sanno i vacanzieri di quel periodo, sconsiglia una permanenza di fronte a un bel mare  rattristato da pioggia intermittente. con acque ancora fredde dei mesi invernali. Ragione per cui è buon consiglio risalire in macchina e partire per Ragusa; visita al vecchio centro in via di  ristrutturazione ma triste e sconsolato per il tempo piovoso. Tanto che si decide di proseguire per  Comiso, un gran bel brutto paese che ci accoglie cordialmente al Cordial Hotel per la modica cifra di  60 €, doppia con bagno. Incontro bello e commovente con il Centro Giuseppe  Bufalino che ci ha  stordito con il suo romanzo autobiografico "Diceria dell'untore" che devi leggere.  Ora prosegui con un giro di ritorno verso Siracusa facendoti una bella strada panoramica tra i monti  iblei, direzione Palazzolo Acreide, via Vizzini. E a Vizzini fai una bella sosta di mezza giornata  per vedere il luoghi di mastro D.Gesualdo (Paola ricorda strade e poderi) e la piazzetta con  l'osteria che costò la sbornia e la vita a Compare Turiddu, troppo rustico per esser cavaliere. La piazzetta è  un amore con sullo sfondo ancora la collina coperta di cactus e piante grasse.  Di Palazzolo Acreide puoi dimenticare tutto ma non l'osteria "Il Gallo" integra nei locali e sapori del buon  tempo antico. I ravioli (gnocchetti di semola, tipo gnocchetti sardi) al sugo di maiale, pinoli,  pistacchio e finocchietto selvatico fanno mancar forza alla mia tastiera. Soprattutto l'aroma  finissimo sottile analogico del finocchietto evade le mie possibilità lessicali.  A Palazzolo puoi dormire all'Hotel Senatore, che apre con noi la stagione al modico prezzo di 60, in  buona posizione per raggiungere la mattina dopo il grande luogo archeologico di Pantalica, uomini di  1000 anni prima del nostro povero Cristo, ancora lì testimoni con le grotte scavate sulle pareti di  grandi fessure terrestri...Mi hanno ricordato le grandi pareti di un canion dell'Arizona dove più o meno nello stesso periodo gli Askenazi o loro parenti prossimi facevano le loro quotidiane  esercitazioni per divenire i più ricercati costruttori di grattacieli d'America. La strada del ritorno verso Siracusa ti porta in alto sugli Iblei, in tempo per vedere l'Etna  inbiancato dalla neve della notte precedente. Nel giro di poco più di un'ora vedi le macchie bianche  divenire a vista d'occhio marrognole in corrispondenza delle ultime colate di lava..Forte!

L'ultimo paese prima di Siracusa ci viene incontro e poi ci risaluta con il cartello "Libero dal  pizzo". Auguri sicilia, auguri italia, auguri pianeta azzurro.
 

quattro foto

Posta elettronica domenicale


Urbano, io non ero né ancora sono a Firenze, e, a parte la comunicazione di Ricca, non ho saputo più nulla. Com'è andata a finire? Si è saputo chi o cosa ha impedito il saluto a Giorgia?

ciao Marco

24 luglio


Caro Marco, è stata una bella cerimonia laica in una sala del commiato di Careggi priva di contrassegni religiosi. A Villa Vogel sarebbe stata bellissima. Ma, come si dice, "Non tutti i poveri li fa Cristo", nel senso del Vaticano. Come dice la poesia qui sotto ( v. post precedente) "Non di me vi dovete preoccupare, ma di voi stessi, che non siate mai dei morti che si muovono sulla terra, che non vediate mai la vita sopravvivere, che non vi capiti di essere morti prima di morire! "

 Al Quartiere, per ora, tutti morti. Nessuna risposta a tutt'oggi (29 luglio). Ciao, Urbano.


Marco Accorti sta all'Isolotto ed ha partecipato agli incontri col Presidente del Quartiere 4 per ottenere uno spazio adeguato a cerimonie d'accoglienza dei neonati,  cerimonie funebri e quant'altro.

Marco aveva scritto in una precedente email:

Cosa impedisce alla buona volontà espressa dal presidente del Q4 di mettere in atto una decisone condivisa e preannunciata da tempo? Cosa si frappone fra un saluto a Giorgia e un diniego inatteso?Quale ostacolo sembra più insuperabile di una burocrazia questa volta apparentemente disponibile?

Cosa hanno in più le chiese per poter accogliere  chi non trova posto nella casa del vivere civile?

(19 luglio)

Circolo
UAAR - Firenze

Baldo Conti

Marco Accorti



PS. Visto che è domenica, vai a leggere la lectio magistralis di D.Enzo Mazzi su baraccheverdi. Vedrai così che puoi fare la comunione anche se il Vaticano te lo proibisce se per caso sei divorziato e risposato. Fallo capire a Casini che soffre da una vita per essere un onorevole così poco onorato.

venerdì 20 luglio 2007

Cerimonia dell'addio

Ciao, Giorgia

(Firenze, cappelle del commiato di Careggi,  20 luglio 2007).



Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita.

Sandro Penna



Lo scheletro allegro

E’ una storia scritta da due bambine a seguito di una discussione nata in classe riguardante il tema della morte. Le autrici della storia hanno proiettato nella loro proiezione letteraria l'aspirazione tendente a far sì che anche la morte, sotto le sembianze di uno scheletro burlone, possa assumere una dimensione umana e venga quindi accettata nel contesto della nostra destinazione esistenziale. Lo scheletro nella simbologia ricorrente ha una funzione ammonitrice e terrorifica, nella storia e nella invenzione filmica fa di tutto invece, per essere accettato. Si mostra gentile con i più deboli, scatena l'ilarità e quando giunge nel "Paese dei dormiglioni", un deserto dove la vita, ridotta a puro meccanismo, è controllata da robot e oscuri gendarmi, finisce per inmergere tutti in un flusso d'allegria. Il deserto si riempie di fiori. Anche lo scheletro getta la maschera, dentro la tuta funebre c'è una bambina che ride, balla e fa ondeggiare i capelli. Quante volte sono state costruite maschere di paura per tenere gli uomini lontani dalla verità!

Luciano Gori maestro elementare di Giorgia.



Perchè viviamo

Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.

Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale?

Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi.La più bella sensazione è il lato misterioso della vita.

Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti. L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l'altro, la religione.

Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi.

Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.

Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva
alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.

Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si manifesta nella natura.


Albert Einstein



“(..) Di proposito non me la sento di considerare Dio troppo lontano, niente a che vedere con lo stupefacente Dio degli antichi Ebrei, e ciò perché non credo che questo concetto  sia giusto, per quanto impressionante possa essere.  Posso spiegare la differenza tramite una vecchia storiella spagnola. Un giorno Dio, sotto mentite spoglie , incontra un contadino che cammina lungo la strada e gli chiede “Dove stai andando?” Al che il contadino risponde “A Saragozza” dimenticando di aggiungere la chiosa obbligatoria nel medioevo “Se Dio vuole”.  A causa di questa mancanza di rispetto Dio trasforma il contadino in una rana e la spedisce nella pozza più vicina.  Dopo avere osservato la rana sguazzare per un po’ Dio inverte la trasformazione e dice al contadino , una volta ripresa la forma umana “Ed ora dove vai?” Al che il contadino risponde “ A Saragozza o nella pozza!” . Gli irosi dei del mondo antico avrebbero rispedito il contadino nella pozza. Il mio Dio per contro si sarebbe assicurato che arrivasse a   Saragozza.  Un errore di tutte le religioni fondamentaliste è che il loro Dio non ha senso dell’humor. Ciò perché le religioni fondamentaliste si mantengono per lungo tempo per mezzo di rituali che per loro natura non hanno alcun senso dell’humor.

Ma la vera questione è che Dio non è onnipotente, Dio non può eludere il male rappresentato dal decadimento (n.d.t. termodinamico) perché la questione non è di quelle su cui si può scegliere. Se c’è un universo c’è decadimento. Se non c’è decadimento, non c’è universo. Fate la vostra scelta. (..)  Il fenomeno della vita è un modo estremamente intelligente per sconfiggere il decadimento, e se si potesse trovare una soluzione anche al problema della “coscienza individuale”, avremmo una soluzione completa. Al giorno d’oggi ci si parano davanti gli opposti estremi, rappresentati da una visione atea e da una visione fondamentalista, e a mio parere in entrambi i casi siamo nei guai.  La visione atea di un universo che sembra esistere senza scopo e nel contempo possiede una squisita struttura logica a me pare ottusa, mentre le perpetue liti dei gruppi religiosi fondamentalisti sono ancora peggio.  Nessuna delle liti religiose che ho mai visto o di cui sono venuto a conoscenza, vale la morte di un solo bambino. Si possono concepire vari universi definiti da forme differenti di vincoli matematici. Quello che io sospetto è che i vincoli che definiscono il nostro universo non siano vincoli qualsiasi. I vincoli sono ottimizzati per le conseguenze che ne derivano. O, detta in altre parole, Dio sta facendo del suo meglio, e gravarLo del concetto di onnipotenza è un grossolano insulto, un insulto perpetrato da persone che non meritano il grande sforzo che è stato intrapreso per loro stesso conto."

 Fred Hoyle (Scienziato astronomo inglese)



Io non sono mai morta.

Non di me vi dovete preoccupare,

ma di voi stessi, che non siate mai dei morti

che si muovono sulla terra,

che non vediate mai la vita sopravvivere,

che non vi capiti di essere morti prima di morire!

Vivi oltre me con tanta forza pura,

non voglio che vacillino

il tuo riso né i tuoi passi,

non voglio che muoia la mia eredità di gioia;

non bussare al mio petto, sono assente,

vivi nella mia assenza come in una casa.

E’ una casa sì grande l’assenza:

E’ una casa sì trasparente l’assenza,

che senza vita io ti vedrò vivere”.


...”Dietro una balza ho filmato i ragazzi che si tengono per mano e correndo superano questo dislivello erboso con un grande salto. L’ultimo rullino si interrompe qui. Sono visi felici e coloriti. Nel salto qualcuno ruzzola, ma si rialza e corre via felice. Nelle ultime sequenze è rimasto impressionato l’orizzonte vuoto con i fili d’erba e le nuvole che ci ruzzolano sopra”.

Luciano, maestro elementare di Giorgia.



Questo è il testo del primo intervento fatto stamani davanti alla bara di Giorgia De Fanti da uno dei presenti a nome dei genitori dei ragazzi della vecchia classe delle elementari di Giorgia, morta in un campeggio della Croazia per cause naturali a poco meno di 40 anni. Era la classe di Simone, nostro figlio, e c'era come maestro il compianto Luciano Gori a cui è oggi intestata la biblioteca comunale dell'Isolotto, la più frequentata dopo la Nazionale di Firenze. Una bella cerimonia, resa viva e partecipe dagli interventi che sono seguiti a quello sopra riportato. Spero di avere il testo anche di quelli, perché meritano di essere conosciuti.

NB. Al Quartiere dell'Isolotto era stato chiesto di fare questa cerimonia di addio nella  sede istituzionale di Villa Vogel. La risposta è stata negativa ed è in corso una verifica delle motivazioni. Dato che "Nulla Osta" a che una salma chiusa possa sostare per una-due ore in qualsiasi luogo pubblico disposto ad accoglierla. Questo ci è stato assicurato da OFISA, l'azienda specializzata dei servizi funebri interpellata da alcuni di noi. Stiamo attendendo una prima risposta dal Presidente del Consiglio di Circoscrizione Giuseppe D'Eugenio.

 No alla tortura

CASO NUVOLI: EUTANASIA, SOLO SILENZIO DAL PARLAMENTO - DI FRANCESCO PULLIA

da: L’Opinione di giovedì 19 luglio 2007

Possibile che un uomo, ridotto a larva dopo sei anni di sclerosi laterale amiotrofica, debba subire il trattamento terapeutico come una pena indicibile?

Se lo chiede l'anestesista Tommaso Ciacca, umbro, che, nel tentativo di esaudire le accorate suppliche di Giovanni Nuvoli, si è recato da Perugia ad Alghero per trovarsi, con sua sorpresa, scortato dai carabinieri, mandati là per impedire l'interruzione, dopo sedazione, del ventilatore meccanico che tiene ancora in vita il malato.

E se lo è chiesto probabilmente anche il procuratore di Sassari che da un lato ha quasi lamentato l'assenza, nel nostro ordinamento, di un'apposita disposizione che consenta la nomina di "un commissario ad atta incaricato di sedare il paziente e interrompere la ventilazione" e dall'altro ha riconosciuto la sussistenza del diritto di rifiutare le cure mediche secondo l'articolo 5 della convenzione di Oviedo del 1977 (ratificata in Italia nel 2001 e, purtroppo, non applicata per mancanza di legge delega attuativa) e il comma 2 dell'articolo 32 della nostra Costituzione ("Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana").

Com'è usanza radicale, il dottor Ciacca si è premurato di informare preventivamente carabinieri e Procura della Repubblica dell'azione che avrebbe commesso. E la Procura, da parte sua, ha disposto "il non luogo a procedere" nei suoi confronti, trattandosi di "condotta in astratto costituente delitto".

Quando si sposò con Maddalena Soro, vedova e con due figli, Giovanni Nuvoli era un uomo alto un metro e ottantaquattro e pesava ottantacinque chili. Dopo avere lavorato per diverso tempo alla mensa ospedaliera, aveva deciso di intraprendere l'attività di rappresentante di commercio. Sportivo, pieno di vitalità, praticava l'arbitraggio, trovando pure il tempo di dedicarsi al teatro dialettale.

Colpito improvvisamente da sclerosi laterale amiotrofica, nel 2001 è già sulla sedia a rotelle, incapace ad alimentarsi da solo, e nel 2003 viene ricoverato al reparto rianimazione dell'ospedale di Oristano. Nonostante il proprio reiterato rifiuto, è costretto ad accettare la tracheotomia.

La malattia, intanto, implacabile, fa il suo corso. La devastazione non gli concede tregua. Le strutture sanitarie sono inadeguate, i primari algidi, insensibili, gli infermieri impreparati, la pensione di appena quattrocento euro mensili.

Accanto a lui c'è solo la moglie Maddalena. Il resto è silenzio, tanto più penoso quanto più assediante.

Grazie all'eurodeputato radicale Marco Cappato e all'Associazione Luca Coscioni, gli viene assegnato un computer per comunicare con gli occhi. Dopo pressioni e insistenze, passa dalla degenza ospedaliera a quella domiciliare. Quando torna a casa pesa appena ventisette chili. Alle finestre dell'abitazione, come ha annotato Tommaso Ciacca, giungono intensi aromi insulari. Attorno si stendono orti in cui gli ulivi si mischiano a piante selvatiche. Ma tutto a Giovanni è ignoto tranne il rumore, sempre uguale, del respiratore artificiale. Ridotto allo stremo, invoca in tutti i modi che gli vengano almeno evitati gli spasmi della fine, un sicuro straziante soffocamento.

Avrebbe potuto lasciare la sua richiesta confinata nel privato, confidando magari nella discrezionalità di qualche medico disposto ad agire clandestinamente, come vergognosamente accade nel nostro Paese.

E, invece, no. Nuvoli ha voluto lanciare un segnale politico, allo stesso modo di Piero Welby, dando prova di quella che uno sbalordito capitano dei carabinieri ha chiamato "lucidità sconvolgente".

Con straordinaria determinazione, si è fatto parola e strumento di lotta nonviolenta. E adesso c'è il rischio che all'improvviso possa ricorrere al gesto estremo di uno sciopero ad oltranza della fame e della sete. Tommaso Ciacca ha, intanto, scritto al dottor Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale dell'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonché ai presidenti degli Ordini provinciali, chiedendo la convocazione di assemblee straordinarie urgenti.

«Analizzando la situazione clinica ed umana di Giovanni Nuvoli, sostiene Ciacca, nessun medico può rimanere indifferente a tre chiari e inequivocabili elementi: 1) il rifiuto di una terapia da parte del paziente, il suo diritto cioè a non essere obbligato ad un qualsiasi tipo di trattamento sanitario, 2) l'assoluta consapevolezza con la quale il paziente esprime questa volontà, 3) le "indicibili sofferenze" che tale terapia procura ogni giorno».

E continua: «Questi elementi mi spingono come medico ad appellarmi a voi perché possiate contribuire ad interrompere immediatamente quella che nei fatti è una "tortura psicofisica: una violenza costante contro un uomo gravemente ammalato. In questo caso, oltre all'articolo 32, comma 2 della Costituzione e all'articolo 5 della Convenzione di Oviedo, è possibile richiamarsi all'articolo 52 del Codice deontologico sulla "tortura e i trattamenti disumani". MI appello a voi perché mettiate in atto ogni strumento per dare nei tempi più brevi (mi riferisco a minuti, ore e giorni) un aiuto concreto a Giovanni Nuvoli».

Si attende una risposta anche e soprattutto dal Parlamento.



Commento. Sappiamo perchè il Parlamento non risponde e magari spera che Giovanni Nuvoli tolga l’incomodo: perchè è ormai succube dei diktat della Chiesa. Da quando una sciagurata legge elettorale ha reso ingovernabile il Senato e la maggioranza della Camera dipende da appena 24.000 voti, il peso e il ricatto politico di uno stato estero, il Vaticano, che può contare su 25.860 sezioni (pardon: parrocchie) finanziate con i soldi degli italiani è diventato incommensurabile. E il Vaticano, come già avvenuto con Welby, è sordo ai lamenti degli uomini che soffrono sotto tortura, nè concede loro l’ingresso in chiesa dopo la loro morte.

Se esiste un Dio, abbia pietà di coloro che pietà non hanno. gps









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LiberaUscita

Associazione nazionale laica e apolitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia 

Via Genova, 24 - 00184 Roma

apertura sede: lun-merc-ven. ore 8:30 - 10:30

tel e fax: 0647823807

sito web: www.liberauscita.it 

email: info@liberauscita.it 



Borsellino_92_07.jpg


Oggi ricorre il quindicesimo anniversario della morte di Paolo Borsellino.


19 Luglio 1992 : Una strage di Stato.

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giovedì 19 luglio 2007

Viaggio in Sicilia (IX)



I pistacchi di Bronte



Avevo incontrato Bronte la prima volta a scuola, tanto per cambiare, dentro "Libertà", una novella del Verga: rivolta di contadini, cavatori, minatori contro una nobiltà corrotta, crudele e incosciente, protetta dalla bandiera inglese di Nelson in persona...l'avevo rivisto nelle sale cinematografiche col titolo "Bronte, storia di un massacro" di Vancini, c'ero passato molti anni fa in un giro veloce che mi portò fino sull'Etna, quando sporsi la faccia sulla bocca dell'Inferno, un cono nero e fumigante grande quanto Piazza tien an Men e profondo quanto 10 cupole di S.Pietro sovrapposte. Voi non avete mai visto "Bronte" di Vancini, ma non avete perso l'ennesima donna che visse due volte, la centesima finestra sul cortile e via col vento della grande distribuzione americana. "Bronte"  è un bel film, da vedere. Una volta usavano le trasmissioni notturne del TG3. Mai avevo pensato ai pistacchi. Ed ora eccoli qui, freschi di invio, transustanziati in frastucusa e torroncini, dentro barattoli di vetro e guaine pregiate.

Ce l'ha consegnati a domicilio il corriere Passalacqua direttamente da Bronte, ditta Sicilfrutti, perché questa ha vinto la gara con altra consimile indetta dalle papille gustative di Paola e, in sottordine, mie. Del resto tutti conosciamo la squisitezza della grande azienda dolciaria siciliana, ma anche pugliese. Ma si parla più spesso di mandorle. Bronte è il regno incontrastato del pistacchio. (Anna ha detto a Paola che il pistacchio è indicato contro il colesterolo, ma è una scusa v.***).

Il Pistacchio (pistachia vera) è un arbusto, più raramente un albero di piccola taglia, di altezza non superiore ai 6 metri, dotato di radici profonde, dal tronco nodoso e contorto di colore grigio brumastro e dal fogliame caduco.

La pianta si trova a suo agio su delle rocce laviche proibitive per qualsiasi altro tipo di vegetazione.


Frastuca=pistacchio, è una pianta importata o coltivata dagli arabi, tanto per cambiare.   Ed esercita la poligamia:

Se vogliamo coltivare il pistacchio bisogna sapere che su otto piante femmine bisogna piantare un maschio e sapere ancora che il maschio deve essere piantato in sopra vento e in sotto vento le femmine, in questo modo il vento può trasportare il polline dei fiori dai maschi fino al pistillo delle femmine.

La difficile raccolta su questi terreni è il maggior motivo per il quale si impone ai pistacchieti etnei un ciclo di produzione biennale.

Poiché a causa del pericolo di dispersione si è costretti a raccogliere direttamente dagli alberi con notevole impiego di costosa manodopera, si preferisce avere una annata totalmente vuota poi seguita da una abbondante.

***I semi di pistacchio contengono molte proteine (18-23%), in olio (50-60%), vitamine ed altre sostanze non azotate (15-17%), fra i quali prevale il principio attivo della fecondità. Il frutto ha quindi un valore nutritivo molto alto ed il suo valore in calorie è doppio di quello del burro. E' assai pregiato e ricercato anche per il suo sapore aromatico e gradevole in pasticceria, in gelateria e per aromatizzare ed insaporire molte vivande. L'olio, estratto dal frutto, trova anche applicazione in dermatologia per le sue alte doti emollienti ed ammorbidenti


Dai un'occhiata senza fretta ma con ADSL,  per vedere dei bei filmati sulla raccolta e la lavorazione del pistacchio.

venerdì 13 luglio 2007

Viaggio in Sicilia (VIII)



Festa di S.Rosalia

A Palermo, oggi, domani, dopodomani


Leggo dal sito del Comune di Palermo:


Un gigantesco carro trionfale disegnato da Jannis Kounellis, uno dei più celebri maestri dell'arte contemporanea, tempestato da mille chili di sfolgoranti cristalli Swarovski, sarà il protagonista della 383ª edizione del Festino di Santa Rosalia, promossa dal Comune, che la notte del prossimo 14 luglio trasformerà il centro storico di Palermo in un immenso palcoscenico a cielo aperto. Ideazione e regia sono di Alfio Scuderi.


La notte del 14 luglio dalle ore 21.30

La festa renderà omaggio alla Chiesa partendo dalla Cattedrale, simbolo della spiritualità della città. Il Festino sarà aperto da un’invocazione di pace e concordia tra i popoli rivolta a Santa Rosalia. Un brano composto da Giovanni Sollima, Tempeste e Ritratti, ed eseguito dall’Orchestra Sinfonica Siciliana introdurrà un’“orazione civile”, interpretata dall’attore Gigi Lo Cascio: si tratta del testo di Salvo Licata, dal titolo Chi ha brindato e chi no, dedicato a Falcone e a Borsellino. Un’orazione contemporanea, metafora della Palermo in tempo di peste, che accenderà la Cattedrale nel ricordo delle stragi del ’92 e in memoria di tutte le vittime della mafia.

DOMENICA 15 LUGLIO

Solennità del ritrovamento delle Reliquie di Santa Rosalia

 ore 11 - Solenne Pontificale presieduto da Sua Ecc.za Rev.ma monsignor Paolo Romeo, Arcivescovo Metropolita, con la partecipazione del sindaco di Palermo, Diego Cammarata, e delle autorità civili e militari;

 ore 19 - Solenne processione cittadina dell’urna di Santa Rosalia contenente le sue Sacre Reliquie. Itinerario: corso Vittorio Emanuele; piazza Marina, dove l’Arcivescovo pronuncerà il discorso alla città; e ritorno in Cattedrale con fiaccolata di preghiera.


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I giorni della peste

Il festino di S.Rosalia tra mito e spettacolo

Umberto Santino, Di Girolamo ed. Trapani 1999, 2006, € 15.



Questo post è dedicato a i giorni della peste scoppiata l’11 settembre 2001, denominata Nineeleven o guerra preventiva permanente.

Va letta in filigrana dietro il racconto che segue. Palermo è il nostro mondo occidentale, la Sicilia il pianeta terra.


In attesa di acquistare Storia del movimento antimafia, di Umberto Santino, di prossima ristampa, mi piace comunicare a questo blog le emozioni provate alla lettura di "I giorni della peste", una storia di santi e di malanni che mescola la diligenza nell'investigazione storica con la capacità di entrare nei meandri della coscienza umana, della percezione delle cose da parte dell'umanità sofferente e della capacità, da parte di una umanità meno sofferente o più prepotente, di sfruttare e piegare a fini di potere questa percezione delle cose. Una città in balia delle onde di una storia burrascosa come poche o come tutte, quattro sante vergini e martiri che si affannano a proteggerla senza risultato, una santa nobile, vergine ed eremita, che le sostituisce, messa insieme con poche ossa di uomini e animali ricavate da una necropoli arcaica ritrovata sul monte che sovrasta la città, una capacità di tenuta che dura da trecento ottanta anni, nonostante la persistente assenza di risultati, un mito che si fa spettacolo a metà luglio e si ripete il  4 di settembre in quel pezzo di pianeta che si chiama conca d'oro. Favola brillante sorretta da un poema celebrativo stile "barocco siciliano" che ha lo stesso fascino dei "reali di Francia" della mia infanzia, delle storie dei paladini che ancora perdurano nel teatrino dei pupi di Palermo, Siracusa, Catania...Umberto Santino è davvero bravo. Sarebbero libri da bestseller se la grande distribuzione non fosse in mano ai poteri forti dal pensiero così debole. Un piacere per me leggere la lunga digressione storica che va sotto il titolo "Le pesti, dalla Bibbia al XIX secolo". Ci ritrovi Tucidide, Lucrezio, Boccaccio, De Foe, Manzoni, Camus e naturalmente santa Rosa-lia, rosa e giglio senza spine.

Per noi lettori obbligati dei Promessi Sposi del periodo scolastico, particolarmente efficace la sceneggiatura di Santino sintetizzata in 5 scene-madri: D.Rodrigo colpito dalla peste, la madre di Cecilia, Renzo e padre Cristoforo al lazzaretto, Renzo e Lucia, Lucia e Padre Cristoforo.

Non potendo ricopiare il libro, scannerizzo, per conforto di quanto dico, la peste di Londra dell'autore di Robinson Crusoè e, per S. Rosalia, una pagina di psicanalisi sociale e antropologia politica di Umberto.


Comincio dalla festeggiata:

(Le sottolineature sono mie.)



S. Rosalia

La festa e l'es del siciliano


Per Rousseau, Durkheim e altri studiosi la festa è lo strumento di rappresentazione-rifondazione del sociale, la celebrazione della communitas, l'evento in cui si riconosce e si  rigenera la «comunità totale».

Secondo gli antropologi contemporanei la festa «è lo specchio e la risposta data dall'uomo alla propria condizione di precarietà»; essa contrappone al quotidiano, all'ordinario, alla routine, al male, alla debilità, all'impotenza, l'extraquotidiano, lo straordinario, il riscatto dal male, dalla debilità, dall'impotenza attraverso l'abbandono «alla sensualità, alla gaiezza, all'esaltante partecipazione alla fiduciosa autoidentificazione nella solidarietà di gruppo» (Lanternari, Festa, carisma, apocalisse, Sellerio 1983, p. 25).

Nella festa ci sarebbero due componenti: una psicologica (il «sentimento di festa»), l'altra istituzionale (l'organizzazione e la regolamentazione della festa). Nella festa si attualizza un mito delle origini, la fondazione di un culto, un momento critico dell' esistenza di una comunità, al fine di rinnovarne lo spirito di coesione, rinfrancarne la volontà di superare le mille difficoltà che porta con sé la vita quootidiana.

Se alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente psicologica, sul valore catartico del «sentimento di festa», altri hanno guardato soprattutto al lato istituzionale cercando di collocare la festa nel contesto socio-temporale in cui accade e si riproduce. Non c'è una festa in astratto né univocamente protesa verso la fuga o la contestazione, la conservazione o la trasformazione: «Nella realtà effettiva la festa finisce per caratterizzarsi come istituzione tendenzialmente evasionista e conservatrice, o piuttosto dinamica, contestativa e trasformatrice, a seconda che prevalgano in essa componenti d'ordine mitico-rituale, o al contrario componenti d'ordine sociale e civile, benché l'interrpenetrazione dei due ordini di componenti entro un unico complesso festivo sia una caratteristica tra le più frequennti» (ivi, p. 31).

Nelle feste devozionali del Mezzogiorno d'Italia sarebbbe prevalente l'aspetto dell'evasione e della conservazione, mentre altre feste (per esempio l' 8 marzo, festa della donnna, o il primo maggio, festa del lavoro) sarebbero volte a promuovere una presa di coscienza e quindi avrebbero un intento emancipazionista e liberatorio.

In Sicilia la festa religiosa sarebbe - secondo Leonardo Sciascia - «una esplosione esistenziale; l'esplosione dell' es collettivo, in un paese dove la collettività esiste soltanto a livello dell' es. Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super-io (stiamo impieganndo con approssimazione i termini della psicanalisi), per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città» (Sciascia, La corda pazza, scrittori e cose della Sicilia, Einaudi  1970, p. 199).

Ma esiste questo quintessenziale siciliano? O ci sono soltanto i siciliani in carne ed ossa, ognuno con la sua faccia e la sua storia, e non si può fare un sol mazzo di questa molteplicità di individui, di culture, di gruppi, di classi sociali? E la trinità psicanalitica (ego, superego, es) è il nuovo Verbo che spiega tutto e comprende tutto?

A dire il vero i siciliani, almeno una parte di essi, hanno conosciuto altri modi di uscire dalla solitudine e trovarsi dentro una solidarietà collettiva, oltre la festa e i suoi rituali. Si pensi al movimento contadino, il più grande e continuativo d'Europa, e a quel che ha significato, e può significare, il primo maggio in Sicilia, bagnato dal sangue di Portella della Ginestra.

Questa Sicilia solo e sempre terra di solitudini, istinti, fanatismi e superstizioni è un luogo comune e le metafore letterarie non sempre colgono nel segno.

Tornando a Palermo, che di questa Sicilia insulare non solo in senso geografico sarebbe il cuore e la sintesi, la città ritrova se stessa solo nel festino perché non può essere altrimenti, o perché le è stato cucito addosso un vestito e finora non ha avuto la forza di strapparselo di dosso?  (o.c: pp. 154-156)



La peste di Londra

(Daniel De Foe)


L'anno sessantacinque una peste

terribile a Londra infierì,

che spazzò via centomila

anime, eppure io son qui.


A dreadful plague in London was

     In the year sixty-five,

     Which swept an hundred thousand souls

     Away; yet I alive!



Con questa strofetta, che definisce «rozza, ma sincera», Daniel De Foe chiude il suo Diario dell 'anno della peste, dedicato alla peste di Londra del 1665. De Foe in quell'anno aveva solo cinque anni. Il diario è, come nello stile dell'inventore di Robinson Crusoe, un'invenzione da romanziere che però utilizza molti materiali documentari, a cominciare dai bollettini sui morti di peste. L'immaginario H. F., autore del Diario, è uno scampato alla peste, che in realtà avrebbe prodotto più di 75.000 morti in una città che allora contava più di mezzo milione di abitanti.

Il Diario (266 pagine, senza un'interruzione) è un lungo racconto di orrori con qualche squarcio di dialogo e di riflessione, che si legge con una certa facilità, presi dal gusto del narrare che trascinava il prolifico autore, anche a costo di dimenticare per strada qualcosa (famose le distrazioni che abbondano nel suo Moll Flanders, a proposito, per  fare un esempio, del numero dei mariti e degli amanti della protagonista) .

La peste a Londra arriva dall'Olanda ma dietro l'Olanda c'è sempre il Levante. Alle prime notizie del dilagare della peste, H. F., il finto diarista, uno scapolo di professione sellaio, si pone la domanda: rimanere a Londra o partire? Il fratello gli consiglia di andare nel Bedfordshire, dove ha già mandato la moglie e i bambini, ma H. F. è «propenso a rimanere ed a accettare il [suo] destino dove Dio l'aveva collocato»  ed è confermato nel suo proposito dalla lettura, casuale ovviamente, ad apertura del Libro sacro, del salmo XCI, secondo-decimo versetto:

Dirò del Signore: è il mio rifugio, è la mia fortezza, il mio Dio, in Lui confiderò. Certo ti libererà dalla rete dell'uccellatore e dall'epidemia micidiale ecc. ecc.

Confortato dai versetti davidici, H. F. - D. F. decide di rimanere a Londra e di raccontare la peste. L'epidemia dapprima si sviluppa nelle parrocchie di periferia, più popolose c più affollate di poveri, solo dopo raggiungerà la City. Per fortuna, o per disegno della Provvidenza, la peste ha un andamento alternato: prima in alcuni quartieri, poi in altri, allentando la morsa sui primi. Così c'è sempre qualcuno in condizioni di poter dare una mano. Comunque la città è tutta  in lacrime: 

Gente in lutto per le vie non se ne vedeva, giacché nessuno portava  il nero, né si vestiva a doglia, secondo le dovute forme, per gli amici più cari; ma la voce del lutto si udiva veramente per le vie: le  strida delle donne e dei bambini alle finestre, alle porte delle case, dove probabilmente morivano, o erano appena morti, i loro più stretti parenti, si potevano intendere con tanta frequenza mentre si passava per le strade, che il sentirle bastava a trafiggere  il cuore più saldo del mondo. In quasi ogni casa si vedevano lacrime e si udivano lamenti, specie nella prima fase dell’epidemia, perché verso la fine i cuori umani s'erano induriti  e la morte era  sempre dinanzi agli occhi, cosicché non ci si dava gran pena per la perdita degli amici, e ci si aspettava d'essere chiamati di persona l'ora seguente.

L'autore del Diario, come abbiamo visto, è credente e pio, ma non credulone. Così ha visto anche lui nel cielo di Londra una stella-cometa prima della peste, e vedrà un'altra stella-cometa l'anno successivo, che porterà alla città una sciagura non minore della peste, il famoso incendio di Londra, ma i suoi occhi non vanno più in là di questi fenomeni astronomici. Altri occhi invece vedono molto di più (il colore delle comete, il loro passaggio sulla City a minacciare il cervello finanziario della città, differenze tra le due comete a preannunciare sciagure non meno gravi ma di natura diversa) e ci sono orecchie che arrivano a sentire il fruscio delle comete, come se passassero a qualche chilometro di distanza, e voci misteriose che preannunciano sventure. Il sellaio-De Foe commenta:

Mi dev'essere consentito dire, così degli uni che degli altri, e spero senza mancare di carità verso il prossimo, che essi udivano voci che non parlarono mai, e vedevano apparizioni che non sono mai comparse; ma l'immaginazione della gente era veramente stravolta e ossessionata; e non c'è da stupirsi se quelli che stavano sempre con gli occhi ribaditi al cielo, vedessero forme e figure, immagini e apparizioni, che in sé nulla erano, se non aria e vapore.

Per un sellaio che non la beve, ci sono invece tantissimi che non solo hanno apparizioni ma pure vanno appresso a maghi e ciurmadori che propinano rimedi miracolosi, portano amuleti con l'abracadabra o con l'IHS gesuitico in forma di croce.

De Foe ha qualcosa da ridire pure per i ministri della religione che con le loro prediche seminavano sconforto. In Inghilterra erano tempi - ricorda - di «infelicissimi dissensi» in «materia di religione»: anglicani, presbiteriani, indipendenti, altri ancora avevano costituito comunità separate. Nel culmine della peste le controversie religiose taceranno, ministri presbiteriani saranno chiamati a officiare e predicare nelle chiese disertate dai ministri titolari. L'autore auspica che ciò che la peste ha unito la normalità non torni a dividere, ma sarà auspicio vano. Il nostro diarista non condivide alcune misure disposte dal sindaco e dagli aldermen della città, come per esempio la chiusura delle case abitate da appestati; critica il fatto che in tutta Londra ci fossero solo due lazzaretti con qualche centinaio di posti; dice che la città non era preparata a fronteggiare la peste, ma pure che gli amministratori rimasero ai loro posti, assicurando una serie di servizi, che la City tutto sommato continuò a funzionare da cervello della città, che i cittadini benestanti soccorsero i meno abbienti, che insomma non tutto fu travolto dalla pestilenza.

Certo, le atrocità si trovano a ogni pagina (partorienti che non hanno nessuno che le assista e muoiono con il loro bambino, poppanti che succhiano il seno delle madri morte, cadaveri galleggianti nei fiumi o seminati sulle strade dai carri stracolmi) ma il filo con cui cuce il sellaio è fatto insieme di confidente religiosità e temperato ottimismo.

Gli appestati scendono di notte sulle strade e urlano divorati dallo strazio, ma De Foe non crede alle voci secondo cui i malati volessero di proposito infettare gli altri. Lo spirito di conservazione l 'ha vinta sulla pietà, eppure la pietà non scompare del tutto. Le condizioni delle classi più povere sono deplorevoli: molte attività chiudono e la disoccupazione straripa, ma c'è sempre qualcuno pronto a soccorrere.

In ogni caso: non c'è rimedio contro la peste. Dio la manda per punizione e l'arresta quando sembra che non debba finire mai, per un atto di misericordia: La peste è di per sé un castigo del Cielo su di una città, o regione, o nazione, dove essa s'abbatte: un inviato della Sua vendetta, e un alto richiamo alla mortificazione e al pentimento per quella nazione, o paese, o città, secondo quanto scrive il profeta Geremia (XVIII, 7, 8): «E nell'istante in cui dirò una parola riguardante un regno, e riguardante una nazione, per sradicarli, e per abbatterli, e per distruggerli, se quella nazione contro la quale ho parlato si allontanerà dal male, mi pentirò del male che ho pensato di recarle».

Non sappiamo se Londra si sia allontanata dal male, per meritare la misericordia divina e la fine della peste. L'anno dopo ci sarà l'incendio, forse il più disastroso che la storia ricordi, e la città riprenderà la sua vita, con la sua City, i suoi poveri e le sue controversie religiose. Il quacquero Solomon Eagle, che di tanto in tanto fa la sua apparizione nelle pagine del Diario, continuerà a percorrere le sue strade, nudo come sempre, predicendo sventure: «Pentitevi londinesi, il peggio deve ancora arrivare». E De Foe, con la strofetta finale, pare gli faccia uno sberleffo.

(o.c. pp.84-88)

A dreadful plague in London was

     In the year sixty-five,

     Which swept an hundred thousand souls

     Away; yet I alive!

Il racconto di Defoe (inglese)


 


mercoledì 11 luglio 2007

Esplicatio terminorum


cristiano ateo

ateo cristiano

agnostico

ateo

teista



Quando, parlando di Danilo, ho scritto che mi sento cristiano ateo o ateo cristiano, ho usato una approssimazione lessicale. Cristiano va bene; ateo è inesatto; la parola giusta sarebbe agnostico, uno che non sa, che non sceglie tra le diverse offerte filosofico-teologiche. Per esempio Spinoza non è ateo anche se non crede in un dio-persona; lui attribuisce alla Natura gli attributi che il teista concentra in un unico Essere dichiarato Supremo.  Il nostro cattolicesimo fa assomigliare l'Ente Supremo a un uomo, un uomo-famiglia, ma senza donna: padre, spirito-sperma, figlio. Manca la madre come sarebbe logico. Si è cercato di recuperare in corner con la madonna, ma senza riuscire a farle posto nella trinità, tutta maschile. Grande quanto vuoi la donna, ma non attinge alla divinità.

Dicendo che sono ateo intendo solo affermare che non credo nel dio delle religioni positive, cioè delle religioni ufficiali basate su una verità rivelata; la verità rivelata è contenuta in un libro; il libro è dichiarato sacro; una volta sacro è immutabile e intoccabile.

Il libro sacro ha un proprietario chiamato sacerdote; l'unico autorizzato a interpretarlo. L'interpretazione è fondamentale, perché il libro sacro è ambiguo come una sentenza di sibilla; può significare una cosa e il suo contrario. La Bibbia è esemplare: ci trovi tutto l'arco parlamentare e non solo. Volgarmente si dice che il vangelo è come la trippa, è elastico, si può tirare in tutte le direzioni. Oddio il vangelo un po' di meno, ma la bibbia sicuramente; con l'antico testamento puoi far fuori quasi tutto il nuovo; Cristo ne è stato la vittima più illustre. Lo stato di Israele in Palestina va avanti con l'antico, Bush e Vaticano si trovano benissimo in Iraq o in America Latina stando a cavallo di tutti e due. Blair a fine carriera, dopo essere stato da Bush a ripetere che sull'Iraq rifarebbe tutto da capo, si è rifugiato nelle braccia del Papa romano, più calde e comprensive di quelle del grande arciprete anglicano.

C'è un modo anche per modificare legalmente il libro sacro e piegarlo ai propri scopi: si comincia con la nota interpretativa avallata dal sommo sacerdote, l'unico autorizzato, l'infallibile; In certi casi la nota viene tolta dal fondo pagina e inserita nel testo col nome di dogma. E' una vera e propria interpolazione. E' come fare fesso iddio benedetto che ha scritto la prima stesura. Ora se c'è una cosa che fa a pugni con l'intelligenza umana è il dogma. Direi che tra le religioni positive, cioè basate su una verità rivelata e imposta per legge o consuetudine, quella che ha più dogmi è la più spuria e pericolosa. Come la droga tagliata male e distribuita in troppo grandi proporzioni. Il Vaticano in quanto a dogmi è certamente un primatista. Ultimamente per paura del riemergere continuo della figura di Cristo in tante frange della Cristianità sobillata dal Concilio indetto da papa GiovanniXXIII, è come impazzito e lo sta affogando in uno tsunami di santi e di beati, di madonne che piangono sangue anche maschile purché sia o versano lacrime comuni come tutti noi versiamo, ma a fiumi. In questo mare di santi, di sangue e di lacrime le folle istupidite e/o ingannate (o anche consapevoli perché no) si lasciano naufragare dolcemente come in una sequenza di piscine termali riservate agli iscritti al club.

A proposito di dogmi, merita una particolare menzione quello della Immacolata Concezione di Maria. E' arrivato a distanza di 18 secoli dall'era cristiana e non lascia scampo: tutti i bambini nascono sporchi e macchiati, avvolti nella placenta del peccato originale che si trasmette come una cellula cancerogena del nostro DNA umano. Questo significa la festa in vigore dall'8 dicembre 1854: esaltando l'eccezione di Maria si pone in evidenza la regola della nostra abiezione. Si nasce posseduti dallo spirito maligno. Il battesimo è l'esorcismo; meglio ricominciare a farlo in latino, che nessuno capisca niente.

In piazza dell'Isolotto, la mattina del 10 giugno scorso, si è fatta la festa dell'accoglienza a quattro neonati. Ci siamo riversati addosso un po' della loro innocenza.  E niente diavoli in vista.

domenica 8 luglio 2007

Lectio magistralis

di Hans Rosling


Per imparare l'inglese


 Non perdere questo video.


Buona domenica. Vado in Casentino e a S.Piero in Frassino non arriva l'ADSL. Siamo un po' lontani da Monterey.

sabato 7 luglio 2007

Impeach Cheney

Viaggio in Sicilia (VII)




Sono tre brani presi dal libro disperatamente ironico e furiosamente lucido che Umberto Santino scrisse subito dopo la strage di quell'uomo franco, semplice e coraggioso che fu Rocco Chinnici e della sua scorta (29 luglio 1083). Mi colpiscono l'amore e la passione che Santino mette in tutte le sue così precise analisi dei fatti della vita e storia della sua terra. Per salvarsi dall'invettiva inutile e controproducente, usa l'arma dell'ironia in maniera magistrale, scegliendosi un modello davvero incomparabile: Jonathan Swift di "Una modesta proposta..", e delle avventure di Gulliver.

Un altro bel libro di Santino è il più recente "I giorni della peste" di cui vorrò parlare in un altro post.  Qui mi limito a mettere tre pezzi della sua ragionevole proposta per dare l'idea dello stile di Umberto, non per spiegare il libro che va solo letto per intero. Questa la scheda, comunque.

I titoli sono miei.


Turismo  a Palermo

Tenendo conto delle tradizioni di una città come Palermo, non si può non spendere qualche parola sul turismo. Da sempre Palermo vive di turismo e si è attrezzata alla bisogna nel migliore dei modi. Non c'è culto della maceria, del rudere, della fatiscenza più devotamente praticato di quanto lo sia qui; non c'è arte del crollo e del disfacimento, subitaneo e spettacolare il primo (anche con qualche tributo in vite umane, come si conviene a un crollo in piena regola), lento e solenne il secondo, che superi la nostra città. I turisti lo sanno e non mancano di accorrere ogni anno, perché  lo spettacolo pur essendo sempre lo stesso non manca di stimolanti innovazioni. Un anno può essere una chiesa dalle pareti mosaicate ad offrire ai binocoli dei meno fortunati e alle lenti d'ingrandimento dei più provvidi, che hanno fatto in tempo la regolare prenotazione, lo spettacolo impareggiabile di un esercito di termiti che divora implacabilmente connessure lignee e filamenti di paglia, aprendo nella figurazione musiva squarci fantasiosi come un ricamo e inguaribili come un cancro. Un altro anno è un castello che decide, con regolare permesso della Sovrintendenza ai monumenti, di mettersi in pensione e lo fa con muta lentezza o con fragorosa rapidità. Un altro ancora sono solerti dinamitardi che offrono, dietro pagamento di un modico biglietto, lo spettacolo davvero esaltante di un  mnumento nazionale trasformato in un firmamento di scintille, secondo i procedimenti di un

fuoco d'artificio di nostra invenzione. Oppure è dato di assistere allo spettacolo solenne e interminabile dell'incendio di una cattedrale: una vera specialità che ha costituito più volte il pezzo migliore del programma dell 'Ente per il turismo. C'è, insomma, l'imbarazzo della scelta.

Nell'anno in corso però il turismo a Palermo e nell'isola di cui è capitale mostra qualche flessione e questa proposta vuole essere anche un contributo per risolvere la crisi attuale. Quale migliore richiamo per i turisti, selezionati o intruppati in massa, dello spettacolo quotidiano dell 'uccidere? E quale incentivo al turismo più accattivante della possibilità, prevista dalla bozza di Statuto, di estendere anche ai visitatori, con un minimo di permanenza e con il rispetto delle dovute regole, il diritto di uccidere? Pensate: Palermo come Las Vegas dell'assassinio, Rio de Janeiro del carnevale della morte, Chicago del duemila, dove ogni giorno è San Valentino e ognuno può diventare un Al Capone! Tutto secondo le regole e senza le sorprese a cui può andare incontro chi non paga le tasse.

pag.42-42


La regina dei focolari


 Che dire della nuova regina dei focolari, oltre all' adorazione per la pluriquotidiana eucaristia della verità che riceviamo dai telegiornali? Basterà impugnare il telecomando e avventurarci nella selva colorata dei canali per assistere a un unico-variegato spettacolo. Non c'è annunciatrice, mezzobusto, presentatore capace di far concorrenza all' Assassino e al Distruttore, vero monopolista del video.

Vince chi spara per primo, chi è più esperto nell 'uso della coltelleria, chi ha l'arsenale più aggiornato. Matzinga educa i bambini al doposcuola del delitto, mentre per i corsi di perfezionamento per adulti provvedono i telefilm d'importazione o di produzione nostrana. L 'unica vera avventura è il Delitto, 1 'unico protagonista l' Assassino: non è questo il messaggio quotidiano che giunge dal domestico Messia? Attraverso questa meravigliosa invenzione il mondo si è unificato e tutte le case, dalla più ricca alla più modesta, sono un 'unica grande casa: lager miniaturizzto in cui i cadaveri sono soprammobili, le stragi devozioni quotidiane, passatempo innocente, cruciverba per annoiati apprendisti delle arti del massacro privato e della catastrofe pubblica. Di fronte a questo continuo, incessante, spettacolo casereccio, interclassista e intergenerazionale, sento la mia città come una piccola monade vorticante nella danza dell'universo.

Pag. 51


Anche gli assassini dormono

Scende la notte sulla città e più che una coltre di buio e di silenzio è come un lento sfarinare di epoche, un compenetrarsi tra morti e viventi che all 'inizio non si riconoscono, anzi fanno finta di ignorarsi reciprocamente, poi passano piano piano agli scusi, nonmieroaccorto, prego, neppure io, finche è tutto un teatro di saluti, di pacche sulle spalle, di comeva e di sorrisi.

La pietra che prima era orgogliosa di sapersi statua di Cristo o bassorilievo di Madonna o barba appena sbozzata di Padreterno scopre di essere il prodotto di una creazione collettiva e che i nomi non hanno nessuna importanza, né degli artisti o artigiani né dei soggetti che di volta in volta

è stata chiamata a rappresentare: Gesù o Osiride, Maria o Venere, santa o menade, Padre crocifissore o Saturno divoratore di figli.

Nella sua urna d'argento le reliquie della santa patrona si raccontano a un ignaro devoto che attraverso i meandri del sonno penetra in una caverna che diventa un 'immensa città-labirinto dove uomini e animali sono affratellati da un vorticoso rituale, che potrebbe essere un antico banchetto

cannibalico o un party all'ultima moda in cui si susseguono le sorprese di un infinito carnevale quaresimale: uomini mascherati da animali e animali mascherati da uomini, sacerdoti blasfemi che adorano un dio-diavolo tempestandolo di sputi e offese sanguinose, vergini-prostitute che si accoppiano con esseri giganteschi o microscopici, macellatori infaticabili destinati ad essere macellati a loro volta con minuziosa scientificità. La patrona racconta e ascolta e le reliquie spargono la peste più spaventosa nella città uccisa dall'assuefazione, alleviando emicranie e raffreddori: miracoli che riempiono le pagine dei giornali e prolungano nei secoli la fama delle sue virtù taumaturgiche.

La città è ogni notte invasa e distrutta, ricostruita e annullata. Un fenicio con occhi di mare scambia le sue armi con un nordico dipinto di luna, un romano baratta i segreti della sua triremi con la polverina che fa sognare ammonticchiata sulle bancarelle, non c' è nessuno che vinca in eleganza un inquisitore spagnolo ma in compenso il sacerdote d' oriente ha il pugnale più acuminato e nessuna vittima, uomo o animale, sfugge al suo colpo, limpido come un teorema. Si vedono analfabeti di tutte le razze all'interno di classiche architetture d'accademie, poeti sordomuti cantare le ultime novità in perfetti endecasillabi, mentre sui computer dei ciechi appaiono le ultime quotazioni di borsa. Nessuno più dice comeva o scusi, nonpotevosapere. I vivi hanno scoperto i segreti della morte e i morti hanno finalmente capito i segreti della vita. Possono sembrare favole improvvisate, o assurde contabilizzazioni dell'indecifrabile, ma una muta coscienza si è fatta strada ed è diventata ormai paesaggio abituale: gli assassini dormono accanto alle loro vittime e le armi ancora calde si accingono all'ultimo dei loro sogni che coincide con il prossimo delitto.

È difficile dire cosa pensano gli omicidi egli uccisi e cosa sognano le armi. È un confuso trasmigrare da odio a dolore, a cui è negata ogni tentazione di dolcezza. La notte è l' epoca più brutta per l' età interminabile dei portatori di clava e di kalashnikov. Gli assassini non tollerano il silenzio e il buio, che dovrebbe essere loro congeniale come una caverna per un pipistrello, è il più intollerabile degli inferni. Gli uccisi in cambio possono resistergli solo assaporandolo a piccole dosi, a poco a poco gli si assuefanno e non riescono più a distinguere tra infinite variazioni delle tenebre. Questa di cui stiamo parlando è una notte qualunque eppure potrebbe essere interminabile come una creazione del mondo o un'attesa d'apocalisse. Gli assassini dormono abbracciati alle loro donne, nella stanza accanto dormono i loro figli e nessuna notte ha avuto, come questa, la privazione di ogni benché minima larva di sogno. I delitti più recenti sono lì, nel chiuso della stanza, e convivono con quelli più antichi. Gli assassinati siedono sui davanzali delle finestre, ai piedi del letto, tra vestiti sparsi e armi riposte negli astucci o dimenticate nei corridoi. Sono muti e non guardano. Non è un bel mestiere fare l'assassinato. Non c'è lapide che possa ricordare ne silenzio o dimenticanza che possa cancellare. Sono loro la geologia dell'universo e il calendario delle ere. I più stagionati sono freschi di sangue come l'ultimo ucciso di cui parlerà il giornale di domani. Sì, proprio lui, 1 'incaprettato del bagagliaio, è stato trovato in una necropoli punica e il suo sangue è sprizzato dalla polvere sotto i denti di una ruspa. Il sovrintendente ha mandato una squadra di fotografi-archeologi e una volta eseguiti i rilievi e catalogati i reperti ha dato il suo benestare. Ora il morto si sogna nel pilastro di sabbia-cemento che attraversa l'appartamento al decimo piano del neofita dell'assassinio. Cominciare è duro per tutti, ma basta un po' e ci si fa il callo. Uccidere è una professione ben remunerata e rispettabile. Ma anche qui è arrivato il millepiedi dell'inflazione.

Cresce l' esercito degli aspiranti e degli amatori. È ormai un vero assieparsi agli sportelli delle varie società dove ognuno presenta pacchi di carte, con curriculum e referenze. I prezzi finiscono maledettamente con I 'abbassarsi. Ci vuole un sindacato, o qualcosa del genere. Se continua così si

finirà con l'ammazzare gratuitamente. Del resto succede qui come a Tokio o a Manhattan. Anche gli uccisi stanno aumentando con ritmi impressionanti e vorrebbero darsi un minimo di organizzazione, stabilire delle regole, delle precedenze, contrattare condizioni con assassini e necrofori. Prima di addormentarsi gli assassini hanno posseduto le loro donne e le prime ore della notte la città sembrava rigenerata in coitopoli. Non si capiva se i sospiri degli amplessi preludessero all'orgasmo o al coma. Gli assassini e le loro donne non conoscono tenerezza. Poi si è fatto silenzio, il buio ha cancellato corpi e occhi. Adesso la notte è al suo vertice. Gli assassini dormono. Gli uccisi dormono. Domani potrebbe essere un altro giorno. Per intanto, buona notte, Palermo.

Febbraio 1985

Umberto Santino, Una ragionevole proposta per pacificare la città di Palermo. pag.97-100, Di Girolamo ed. Trapani, 2006.

Viaggio in Sicilia (VI)



Di Girolamo Editore

Trapani 2007

pp. 189

Euro 16,50



scheda del libro


L'abbiamo ordinato oggi da Feltrinelli.  Nel frattempo ho letto una pubblicazione di Anna Puglisi su Felicia Impastato e mi piace citare due paginette:





La mafia in casa mia

Io e Umberto Santino avevamo conosciuta la signora Impastato il giorno del funerale di Peppino, quando assieme a centinaia di compagni venuti da Palermo e dai paesi vicini abbiamo seguito i suoi poveri resti. Felicia stava ritta, vestita di nero, senza una lacrima, accanto al figlio Giovanni e alla sorella Fara che per quindici anni aveva ospitato Peppino cacciato da casa dal padre che, amico e parente di mafiosi, non sopportava l'attività del figlio. Davanti ai resti del figlio Felicia aveva preso la ferma decisione di chiedere giustizia per la sua morte, di chiudere la porta di casa ai parenti del marito {che era morto otto mesi prima) e di non dare ascolto ai loro tentativi di tapparle la bocca e di convincerla a non mettersi con noi. Da allora Felicia parla soltanto con chi sa essere dalla parte di Peppino, e parla per denunciare i mafiosi responsabili della sua morte.

Felicia scopre la realtà della mafia dopo il matrimonio che l'aveva fatta entrare in una famiglia mafiosa di Cinisi.

Nell'intervista-storia di vita Felicia afferma: «E poi non lo capivo proprio che cosa significava questa mafia, questa delinquenza» .

Appena sposata scopre d'avere la mafia in casa. Un fratello del marito, dal soprannome indicativo: Sputafuoco, era gabellato in un feudo; il marito della cognata, Cesare Manzella, faceva parte della cupola mafiosa degli anni sessanta e morì con lo scoppio di un'automobile imbottita di tritolo, durante la guerra tra i Greco e i La Barbera. In casa del cognato lei conosce Luciano Liggio, allora latitante a Cinisi. Il marito pretende che vada con lui in casa di Gaetano Badalamenti «e -dice -litigavamo ogni volta. E mi ci portava e vedevo la casa piena di gente e lui rimaneva soddisfatto, mio marito».

Nell'introduzione a La mafia in casa mia scriviamo: Una donna divisa, così si racconta Felicia Impastato, moglie di un «amico degli amici» e madre di quel figlio, scacciato da casa, amato con paura e trepidazione, difeso da quel padre ma pure allontanato da casa anche dopo la morte del marito...; e poi, dopo l'assassinio e il tentativo di infangarne l'immagine e cancellarne la memoria, difeso pubblicamente, varcando la soglia di casa, recandosi dai magistrati, parlando con i giornalisti che hanno saputo rompere le «regole professionali» che accordano interesse solo ai «morti eccellenti" più illustri e meno scomodi.

Felicia, mentre è in vita suo marito, è una donna divisa perché, pur condividendo le idee del figlio, tanto da non poter sopportare gli amici del marito che non ha mai ricevuto a casa sua, pur ammirando la dirittura morale di Peppino e la sua intransigenza, è una donna della sua generazione e di un ambiente dove i comportamenti, specialmente quelli di una donna, sono condizionati dal giudizio degli altri.

Lei ammette che avrebbe dovuto lasciare quel marito ma- dice -«chi mi aiutava?». E ricorda le lotte continue in casa con il marito. I patemi ogni volta che, assente il marito, di sfuggita veniva a trovarla il figlio a cui, di nascosto, preparava da mangiare, non perché gli mancasse il nutrimento a casa della zia, ma perché, madre-nutrice, così lo sentiva più vicino. Le sue corse dai compagni di Peppino per convincerli a non distribuire i volantini preparati dal figlio in cui si denunciava la mafia di Cinisi.

E si giustifica, forse di fronte a noi che la intervistiamo o forse di fronte alla memoria del figlio, dicendo che ai suoi tempi non si usava abbandonare la casa del marito. Ora sì, ora avrebbe saputo farlo. Felicia Bartolotta Impastato, pur essendo una donna proveniente da una famiglia mafiosa, rappresenta un caso  a sé. Più che alle altre donne di ambiente mafioso che hanno collaborato con la giustizia può paragonarsi a Francesca Serio, la madre di Salvatore Carnevale, che però non proveniva da un ambiente mafioso. Entrambe sono segnate dalle scelte dei figli: hanno cercato di contrastarle nella consapevolezza dei rischi mortali che correvano, ma le hanno profondamente condivise e hanno voluto continuarle dopo la loro morte.

(pag.132-133-134)


Cara Anna, Paola ancor prima di me ha letto "La mafia in casa mia"  e "Donne mafia e antimafia". Un abbraccio da me e da lei.  Santino mi dice nell'email che i miei fascicoli  "Dante in Casentino" e "Processo a Dante" li ha trovati "interessanti". Io dò molto valore al suo giudizio. Paola aspetta ora un tuo giudizio su "Identità intermedia" che vi è arrivato per posta in questi giorni.

giovedì 5 luglio 2007

Lungarno



Clicca per ingrandire


A 100 passi da casa, 5 luglio 2007, ore 20,50. Il cielo sullo sfondo non si vede, il venticello non si sente. Stefano, ci voleva la tua videocamera.

mercoledì 4 luglio 2007


Put away the flags



Mettiamo via le bandiere



by HOWARD ZINN 



 On this July 4, we would do well to renounce nationalism and all its symbols: its flags, its pledges of allegiance, its anthems, its insistence in song that God must single out America to be blessed.

Is not nationalism -- that devotion to a flag, an anthem, a boundary so fierce it engenders mass murder -- one of the great evils of our time, along with racism, along with religious hatred?

These ways of thinking -- cultivated, nurtured, indoctrinated from childhood on -- have been useful to those in power, and deadly for those out of power.


In questo 4 LUGLIO, faremmo bene a rinunciare al nazionalismo e a tutti i suoi simboli: la sua bandiera, le promesse di fedeltà, i suoi inni religiosi, la sua insistenza nella canzone che Dio deve scegliere unicamente l'America per essere benedetta.

Non è il nazionalismo -- con la devozione a una bandiera, un inno, una delimitazione così forte che suscita uccisioni di massa -- uno dei grandi mali del nostro tempo, insieme con il razzismo, insieme con l'odio religioso?

Questi modi di pensare--coltivati, allevati, indottrinati dall'infanzia, sono stati utili a quelli nel potere  e mortali per quelli fuori del potere.

Lo spirito nazionale può essere accettabile in un paese che è piccolo e privo sia di potenza militare che di fame di espansione (Svizzera, Norvegia, Costa Rica e molti altri). Ma in un paese come il nostro -- enorme, pieno di migliaia di armi di distruzione di massa -- quello che potrebbe essere  innocuo orgoglio diventa arrogante nazionalismo pericoloso agli altri e a noi stessi.

La nostra cittadinanza è stata portata a vedere la nostra nazione come diversa dagli altri, un'eccezione nel mondo, lei sola morale, con diritto di espandersi nelle altre terre per portare  civiltà, libertà, democrazia.

Quando i primi coloni inglesi entrarono in territorio indiano  nella baia del  Massachusetts  e trovarono resistenza, la violenza si trasformò  in guerra contro gli indiani. L'uccisione di indiani fu vista come approvata da Dio, la presa della terra come comandata dalla Bibbia. I Puritani  citavano uno dei Salmi, che dice: "Chiedilo a me e io ti darò i pagani per tua eredità, e la maggior parte delle terre per tuo possesso."




Continua (in inglese)


domenica 1 luglio 2007



πάντα
ει

 

Ciao Ciak

 

Ciak Alter

Via Faenza, 56/r

50123 Firenze (Firenze)

Telefono: 055212178

sala:

Quattro minuti Germania 2006

con: M. Bleibtreu, R. Muller, H. Herzsprung

Orari: 16:00 18:15 20:30 22:30

Prezzo: intero 7 euro

Posti: 270

Audio: Dolby

 

Ha chiuso ieri sabato 30 giugno. Presenti Paola and I. con altre 10 persone. Ha chiuso bene, con un film da vedere, non americano.


 Ciao Ciak.