Piergiorgio Welby Vincent Humbert
Peppino Englaro sarà alle baracche verdi dell'Isolotto domani mattina, domenica 29 marzo 2009.
Cento passi da casa mia. Un luogo che mi ha visto vivo e impegnato per alcuni decenni in una grande battaglia di civiltà - tale la considero - Sarò lì con la videocamera, ci saranno tante persone che vorranno esprimere le proprie emozioni. Non avrò modo di intervenire. Ma questo vorrei sentisse da me:
Caro sig.Englaro, quest'anno il mondo celebra l'anno di Galileo. Siamo a due passi da Arcetri. Vorrei dirle questo: Galileo aprì al mondo la finestra sull'universo e le genti di allora ne rimasero turbate: troppo grande per la nostra terra, troppa la paura di perdersi nella sua immensità. Oggi un'altra finestra si sta aprendo dentro di noi. E ci prende la paura di guardarci dentro, di vederci come siamo, esseri destinati a finire. Il tabù della morte finora coperto dalla considerazione del mistero, del non conosciuto. L'umanità, di fronte al contrasto tra lo sviluppo della scienza medica e la nostra naturale finitezza non vuol rinunciare alla illusione di immortalità, in nome del Mistero insondabile. Messa di fronte al destino di morire si tira indietro spaventata. Come un Faraone che vuole garantirsi l'immortalità si chiude dentro la Piramide del Mistero, come un comune mortale di oggi si rifugia dentro al tempio grande e prezioso di S.Giovanni Rotondo. Salme imbalsamate, salme surgelate, salme inviate nello spazio...Poi arrivano Terry Schiavo, 26 anni nel 1990, Eluana, 21 anni nel 1992, Piergiorgio Welby, 34 anni nel 1997, Vincent Humbert, 19 anni nel 2000, e i nostri occhi sono costretti ad aprirsi dentro l'universo che è in noi, di fronte al quale abbiamo tenuto sempre chiusi gli occhi: ci spaventa a tal punto la nostra finitezza che ci rifugiamo nelle braccia di chi ci introduce nel regno del Mistero.
Ma oggi siamo tutti costretti a fare un passo avanti nel percorso grande e ammirabile della nostra storia antropologica; e questo lei ci aiuta a fare con la dura fermezza dell'amore paterno che durante lunghi anni ha continuato a combattere e non da solo ma richiamando la responsabilità e la solidarietà dell'intera società organizzata, così come Galileo si richiamò alla società organizzata e pensante col suo annuncio delle stelle.
Vorrei qui scomodare Dante Alighieri con il discorso fatto a lui da Virgilio sulla cima del Purgatorio
Come la scala tutta sotto noi
fu corsa e fummo in su 'l grado superno,
in me ficcò Virgilio li occhi suoi, 126
e disse: «Il temporal foco e l'etterno
veduto hai, figlio; e se' venuto in parte
dov'io per me più oltre non discerno.
Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;
lo tuo piacere omai prendi per duce;
fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch'io te sovra te corono e mitrio».
(Purg.XXVII,124-142)
Vorrei scomodare Pico della Mirandola che all'età di 23 anni, qui da Firenze scriveva:
«Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché come libero, straordinario plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che avrai preferito. Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini».
(Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate)
Vorrei richiamare il Dostojesvsky dei fratelli Karamazof, quando mette a confronto il Grande Inquisitore spagnolo con Gesù Cristo incontrato nelle vie di Madrid:
(Le parole che seguono sono quelle dell''Inquisitore rivolto a Cristo:)
...non è la libera decisione dei loro cuori quello che importa, né l’amore, ma un mistero, a cui essi debbono ciecamente inchinarsi, anche contro la loro coscienza. E cosí abbiamo fatto. Abbiamo corretto l’opera Tua e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono cosí terribile (la libertà ndr), che aveva loro procurato tanti tormenti.
Oh, noi li persuaderemo che allora soltanto essi saranno liberi, quando rinunzieranno alla libertà loro in favore nostro e si sottometteranno a noi.Tutti, tutti i piú tormentosi segreti della loro coscienza, li porteranno a noi, e noi risolveremo ogni caso, ed essi avranno nella nostra decisione una fede gioiosa, perché li libererà dal grave fastidio e dal terribile tormento odierno di dovere personalmente e liberamente decidere. E tutti saranno felici, milioni di esseri, salvo un centinaio di migliaia di condottieri. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al primo mio cenno ad attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci. Perché se qualcuno piú di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu. Domani Ti arderò. Dixi”.
Ma terminerò con la voce del poeta a noi più vicino temporalmente e, in questa circostanza, a me più congeniale:
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Nè sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
(G. Leopardi - LA GINESTRA, O FIORE DEL DESERTO
Sottotitolo: E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. GIOVANNI, III, 19.)
Nota: se domani riuscirò a prender la parola, mi limiterò, per brevità, a recitare gli ultimi versi della Ginestra. Perché la parola del Poeta fa sintesi, perfora le corazze del nostro bias come non possono fare concetti e sillogismi.
Postilla tecnico-giuridica:
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
COSTITUZIONE ITALIANA
Art. 32
Buona giornata.
Post Scriptum:
A CHI APPARTIENE LA TUA VITA?
Una riflessione filosofica su etica, testamento biologico, eutanasia e diritti civili nell’epoca oscurantista di Ratzinger e Berlusconi
di PAOLO FLORES D’ARCAIS
edito da “Ponte alle Grazie” (pp. 160, 12,5 euro)
...Non è solo il corpo a esser sequestrato, dalla legge che il Senato ha approvato sul testamento biologico.