sabato 28 marzo 2009

Cento passi da casa mia

Terry Schiavo         Eluana Englaro

 



Piergiorgio Welby     Vincent Humbert


 


Peppino Englaro sarà alle baracche verdi dell'Isolotto domani mattina,  domenica 29 marzo 2009.

Cento passi da casa mia. Un luogo che mi ha visto vivo e impegnato per alcuni decenni in una grande battaglia di civiltà - tale la considero - Sarò lì con la videocamera, ci saranno tante persone che vorranno esprimere le proprie emozioni. Non avrò modo di intervenire. Ma questo vorrei sentisse da me:

Caro sig.Englaro, quest'anno il mondo celebra l'anno di Galileo. Siamo a due passi da Arcetri. Vorrei dirle questo: Galileo aprì al mondo la finestra sull'universo e le genti di allora ne rimasero turbate: troppo grande per la nostra terra, troppa la paura di perdersi nella sua immensità. Oggi un'altra finestra si sta aprendo dentro di noi. E ci prende la paura di guardarci dentro, di vederci come siamo, esseri destinati a finire. Il tabù della morte finora coperto dalla considerazione del mistero, del non conosciuto. L'umanità, di fronte al contrasto tra lo sviluppo della scienza medica e la nostra naturale finitezza non vuol rinunciare alla illusione di immortalità, in nome del Mistero insondabile. Messa di fronte al destino di morire si tira indietro spaventata. Come un Faraone che vuole garantirsi l'immortalità si chiude dentro la Piramide del Mistero, come un comune mortale di oggi si rifugia dentro al tempio grande e prezioso di S.Giovanni Rotondo. Salme imbalsamate, salme surgelate, salme inviate nello spazio...Poi arrivano Terry Schiavo, 26 anni nel 1990, Eluana, 21 anni nel 1992, Piergiorgio Welby, 34 anni nel 1997, Vincent Humbert, 19 anni nel 2000, e i nostri occhi sono costretti ad aprirsi dentro l'universo che è in noi, di fronte al quale abbiamo tenuto sempre chiusi gli occhi: ci spaventa a tal punto la nostra finitezza che ci rifugiamo nelle braccia di chi ci introduce nel regno del Mistero.

 Ma oggi siamo tutti  costretti a fare  un passo avanti nel percorso grande e ammirabile della nostra storia antropologica; e questo lei ci aiuta a fare con la dura  fermezza dell'amore paterno che durante lunghi anni ha continuato a combattere e non da solo ma richiamando la responsabilità e la solidarietà dell'intera società organizzata, così come Galileo si richiamò alla società organizzata e pensante col suo annuncio delle stelle.




Vorrei qui scomodare Dante Alighieri con il discorso fatto a lui da Virgilio sulla cima del Purgatorio


Come la scala tutta sotto noi

fu corsa e fummo in su 'l grado superno,

in me ficcò Virgilio li occhi suoi, 126


e disse: «Il temporal foco e l'etterno

veduto hai, figlio; e se' venuto in parte

dov'io per me più oltre non discerno.


Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;

lo tuo piacere omai prendi per duce;

fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.


Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno
:


per ch'io te sovra te corono e mitrio».


(Purg.XXVII,124-142)


Vorrei scomodare Pico della Mirandola che all'età di 23 anni, qui da Firenze scriveva: 



 «Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché come libero, straordinario plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che avrai preferito.  Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini».

(Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate)


Vorrei richiamare il Dostojesvsky dei fratelli Karamazof, quando mette a confronto il Grande Inquisitore spagnolo con Gesù Cristo incontrato nelle vie di Madrid:



(Le parole che seguono sono quelle dell''Inquisitore rivolto a Cristo:)


...non è la libera decisione dei loro cuori quello che importa, né l’amore, ma un mistero, a cui essi debbono ciecamente inchinarsi, anche contro la loro coscienza. E cosí abbiamo fatto. Abbiamo corretto l’opera Tua e l’abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono cosí terribile (la libertà ndr), che aveva loro procurato tanti tormenti.

Oh, noi li persuaderemo che allora soltanto essi saranno liberi, quando rinunzieranno alla libertà loro in favore nostro e si sottometteranno a noi.Tutti, tutti i piú tormentosi segreti della loro coscienza, li porteranno a noi, e noi risolveremo ogni caso, ed essi avranno nella nostra decisione una fede gioiosa, perché li libererà dal grave fastidio e dal terribile tormento odierno di dovere personalmente e liberamente decidere. E tutti saranno felici, milioni di esseri, salvo un centinaio di migliaia di condottieri. Ti ripeto che domani stesso Tu vedrai questo docile gregge gettarsi al primo mio cenno ad  attizzare i carboni ardenti del rogo sul quale Ti brucerò per essere venuto a disturbarci. Perché se qualcuno piú di tutti ha meritato il nostro rogo, sei Tu. Domani Ti arderò. Dixi”.


Ma terminerò con la voce del poeta a noi più vicino temporalmente e, in questa circostanza, a me più congeniale:

E tu, lenta ginestra,

Che di selve odorate

Queste campagne dispogliate adorni,

Anche tu presto alla crudel possanza

Soccomberai del sotterraneo foco,

Che ritornando al loco

Già noto, stenderà l'avaro lembo

Su tue molli foreste. E piegherai

Sotto il fascio mortal non renitente

Il tuo capo innocente:

Ma non piegato insino allora indarno

Codardamente supplicando innanzi

Al futuro oppressor; ma non eretto

Con forsennato orgoglio inver le stelle,

Nè sul deserto, dove

E la sede e i natali

Non per voler ma per fortuna avesti;

Ma più saggia, ma tanto

Meno inferma dell'uom, quanto le frali

Tue stirpi non credesti

O dal fato o da te fatte immortali.


(G. Leopardi - LA GINESTRA, O FIORE DEL DESERTO 

Sottotitolo:  E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. GIOVANNI, III, 19.)


Nota: se domani riuscirò a prender la parola, mi limiterò, per brevità, a recitare gli ultimi versi della Ginestra. Perché la parola del Poeta fa sintesi, perfora le corazze del nostro bias come non possono fare concetti e sillogismi.


Postilla tecnico-giuridica:


Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.


COSTITUZIONE ITALIANA

Art. 32


Buona giornata.


Post Scriptum:


Il 4 aprile esce in libreria



A CHI APPARTIENE LA TUA VITA?



Una riflessione filosofica su etica, testamento biologico, eutanasia e diritti civili nell’epoca oscurantista di Ratzinger e Berlusconi



di
PAOLO FLORES D’ARCAIS



edito da “Ponte alle Grazie” (pp. 160, 12,5 euro)

 

La prima parte del volume, più “militante”, è stata scritta appositamente per questa circostanza e analizza la vicenda di Eluana Englaro, la legge contro il testamento biologico in discussione in parlamento, e le lotte della società civile per impedire “la tortura di Stato”.

La seconda, molto più filosofica, raccoglie quattro saggi intorno al tema dell’eutanasia, pubblicati negli scorsi quindici anni sulla rivista MicroMega (e ormai introvabili), di cui l’ultimo nella forma di una controversia con il cardinal Tettamanzi.




Aggiornamento del 29 marzo 2009:




Il coma dell'anima, di Barbara Spinelli.



...Non è solo il corpo a esser sequestrato, dalla legge che il Senato ha approvato sul testamento biologico.

... È la vita a essere sequestrata, nel suo scabroso intreccio tra materia e spirito, corpo e anima.

...La legge e lo Stato non si limitano a gestire al nostro posto i corpi, ma meditano, si esercitano, vivono insomma, al nostro posto.

Quando lo Stato s’impadronisce dell’esercizio di morte non nega all’uomo solo la libertà. Gli toglie la responsabilità: quella di riconoscere la finitezza dell’essere. Per questo non è appropriato parlare esclusivamente di diritti calpestati. Calpestato è il senso del dovere che impregna il viver bene, se è vero che il pensiero della morte, per chi voglia redigere il più importante dei testamenti (quello che riguarda non gli averi, ma l’essere) è meditazione sul proprio presente e memoria di una vita fatta di emancipazioni.

...Il contrario dell’esercizio di morte è l’indifferenza e dunque più fondamentalmente: la perdita di controllo su di sé, l’anticipato coma dell’anima. Per lo Stato che monopolizzando ogni cosa si sostituisce alla natura, il cittadino comatoso è l'ideale.

martedì 24 marzo 2009

Oh ce biel cjscjel a Udin

Debora Serracchiani


video




baciala col mouse


Insisto: apri il video.


oh ce biele zoventût


       Zoventût come a Udin

no l'si cjate in nissun lûc


       A bussâ fantatis bielis

no l'è un frêgul di pecjât


Traduzione

 

       Oh che bel castello a Udine

oh che bella gioventù


      Gioventù come a Udine

non si trova da nessuna parte


       A baciare le belle ragazze

non c'è un minimo di peccato


Coraggio, Italia


 (post dedicato ai miei amici del PD)

venerdì 20 marzo 2009

Il Vaticano brucerà

per autocombustione



1 -  20.3.09  Francamente ci è passata la voglia di parlare di questo Papa che non ne indovina una, passando da una gaffe all'altra come un elefante in una cristalleria quasi fosse un qualunque Berlusconi. Esordisce attaccando Maometto e procurandosi l'ostilità di tutto il mondo islamico dopodiché si scusa dicendo che è stato frainteso, riabilita il vescovo negazionista procurandosi l'ostilità di tutto il mondo e si scusa spiegando che lui non ne sapeva nulla, attaccato violentemente dai vescovi tedeschi scrive una lettera in cui dice di essere un incompreso e si lamenta di essere lasciato solo ma poi andando in Africa in uno scatto di orgoglio racconta che non è vero che sia solo e una volta lì non trova di meglio che spiegare agli africani bersagliati dall'Aids che per evitare la malattia devono restare casti e per carità non usino i preservativi. Non perché la Chiesa non vuole, no, ma perché “aumentano i problemi”. Uomo di grande onestà intellettuale, non c'è che dire.

La storia di domani dirà se questa pervicace ostinazione a vietare un indispensabile mezzo di protezione in un mondo in cui centinaia di migliaia di bambini nascono infetti da Aids non si risolva in un genocidio perpetrato in nome di Dio - sia pure involontariamente. Ma sappiamo già che in nome di Dio si può far morire, eccome. Così come in nome di Dio si scomunicano i medici che salvano la vita di una bambina violentata da un disumano patrigno ma non si scomunica il patrigno, non si scomunicano gli assassini della mafia e della 'ndrangheta e neppure i pedofili di cui la Chiesa è piena: ce n'è uno sotto processo a Roma anche in questi giorni, chissà se usa il preservativo almeno lui.

Ma lasciamo stare, fermiamoci al commento del Sunday Times che ha parlato di un pontefice “che sta guidando la Chiesa e i suoi 1,2 miliardi di fedeli come un monarca, separato dal mondo esterno, aiutato solo da consiglieri fidati ma inetti”. O a quello di Francia, Germania e Unione europea che nell'imbarazzato silenzio degli zuavi pontifici di cui sono pieni il governo e la casta politica italiana hanno giudicato la sua dissennata condanna dei preservativi pericolosa per l'Africa e per il mondo.


Giancarlo Fornari



Aggiornamento del 26 marzo.


2 - Il papa ha le mani sporche di sangue.


The Guardian, 4/4/2005


... Come risultato dell'accentramento di tutto il potere a Roma,

vi fu una regressione di tutte le chiese locali. Il clero si trovò

incapace di assumere decisioni autonome senza guardarsi alle spalle,

verso il Sant'Uffizio. In questo clima esplose lo scandalo degli

abusi su minori. La risposta di Giovanni Paolo fu quella di

trasferire a Roma e premiare con un alto incarico il cardinale

americano che aveva assiduamente cercato di coprire lo scandalo

finché era stato possibile.

Il più grosso crimine di questo papato, comunque, non è stato né il suo atteggiamento di copertura di tali fatti, né il suo  atteggiamento troglodita verso le donne. È stata la grottesca ironia  con la quale il Vaticano ha condannato - come "cultura della morte" -  i profilattici, che avrebbero potuto salvare non si sa quanti cattolici del terzo mondo da una lenta e dolorosa morte per AIDS. Il  papa va verso la sua gloria eterna portando in braccio tutti questi  morti. È stato una delle più grandi disgrazie per il cristianesimo  dai tempi di Darwin.


Terry Eagleton insegna all'Università di Manchester, Regno Unito


 The Pope has blood on his hands"


...The result of centring all power in Rome was an infantilisation of

the local churches. Clergy found themselves incapable of taking initiatives

without nervous glances over their shoulders at the Holy Office. It was at

just this point, when the local churches were least capable of handling a

crisis maturely, that the child sex abuse scandal broke. John Paul's response was to

reward an American cardinal who had assiduously covered up the outrage with

a plush posting in Rome.


The greatest crime of his papacy, however, was neither his part in this cover up nor his neanderthal attitude to women. It was the grotesque irony by which the Vatican condemned - as a "culture of death" - condoms, which might have saved countless Catholics in the developing world from an agonising Aids death. The Pope goes to his eternal reward with those deaths on his hands. He was one of the greatest disasters for the Christian church since Charles Darwin.


• Terry Eagleton is professor of cultural theory at Manchester University


L'articolo lo trovi qui:


in originale


in italiano




3 - E ancora (per analogia)



4 - Ma finiamo con un canto di speranza (e di lotta):





We are the world

we are the children

we are the ones who make

a brighter day.

So let's start giving.


There comes a time

When we need a certain call

When the world must come together as one

There are people dying

Oh and it's time to lend a hand to life -

The greatest gift of all

We can't go on pretending day by day

That someone, somewhere

will soon make a change

We are all part of God's great big family

And the truth you know, love is all we need

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving

There's a choice we're making

We're saving our own lives

It's true we'll make a better day, just you and me

We'll send them your heart

So they know that someone cares

And their lives will be stronger and free

As God has shown us

By turning stone to bread

And so we all must lend a helping hand

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving

There's a choice we're making

We're saving our own lives

It's true we'll make a better day, just you and me

When you're down and out

There seems no hope at all

But if you just believe

There's no way we can fall

Well, let us realize

That a change can only come

When we stand together as one

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving

There's a choice we're making

We're saving our own lives

It's true we'll make a better day, just you and me

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving

There's a choice we're making

We're saving our own lives

It's true we'll make a better day, just you and me

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving

There's a choice we're making

We're saving our own lives

It's true we'll make a better day, just you and me

We are the world, we are the children

We are the ones who make a brighter day

So let's start giving


Video da aprire, assolutamente. Se sei arrivato fin qui te lo meriti.


(Ray Charles, Bob Dylan, Henry Belafonte, Jackie Jackson, Bruce Springsteen, Stevie Wonder, Tina Turne, Dionne Warwich, Diana Ross...)


 Qui lo trovi coi sottotitoli

Giornali e giornalisti

La quarta opzione


I giornali hanno diverse opzioni.

1. possono diventare entertainment

2. possono diventare puri contenitori pubblicitari

3. possono diventare puri mezzi di propaganda

4. possono mettersi al servizio della comunità che ha bisogno di informazione

5. possono diventare piccoli circoli culturali nostalgici




Tutte queste opzioni sono già praticate. Il mercato non sembra sostenerle tutte. Lo stato ne sostiene alcune. Quali resisteranno in futuro? La quarta opzione, in particolare, resisterà e si svilupperà solo se i giornali che la praticheranno sapranno essere davvero di servizio, trasparenti, chiari nella linea editoriale e intelligenti nell'interpretazione. In questo senso, la crisi potrebbe migliorare la situazione, scremando il panorama e offrendo al pubblico una maggiore consapevolezza di quello che comprano.


E i giornalisti a che cosa serviranno? Nessuno ha la soluzione in tasca. Le opzioni sono diverse:

1. diventeranno persone di spettacolo

2. diventeranno testimonial pubblicitari

3. diventeranno addetti alle relazioni pubbliche

4. si concentreranno sul mestiere di fare informazione per il pubblico

5. si chiuderanno in alcuni scantinati a lamentarsi pensando di fare cultura


Tutte queste opzioni sono già praticate. Ma se i giornalisti faranno informazione per il pubblico, il pubblico troverà il modo di sostenerne il lavoro. Le soluzioni sono molte da questo punto di vista.


Se giornali e giornalisti faranno informazione insieme, purificando un po' il clima che si è creato in un contesto nel quale informazione, comunicazione, propaganda e pubblicità hanno perso di vista i loro confini, allora anche questa crisi sarà servita a qualcosa.


E se intanto su internet cresceranno le fonti di informazione diretta, i blogger di qualità, i nuovi modelli di business, il sistema dell'informazione avrà soltanto da guadagnarci.


Per un lavoro sulla qualità, sulla ricerca che richiede tempo e pazienza, sulla indipendenza di giudizio, i professionisti della ricerca giornalistica capace di seguire un metodo empirico e trasparente potrà ancora servire. Su qualunque piattaforma.


Perché il giornale non è la sua carta. E il giornalista non è condannato a fare il pesce incartato.



Trovato qui


Segnalato da Mantellini

giovedì 19 marzo 2009

La contessina Italia

1973. Silvio Berlusconi acquista

l'enorme  villa di Arcore appartenente

alla famiglia nobiliare lombarda dei

Casati Stampa. L'unica erede di questa

famiglia è la contessina dodicenne

Annamaria che, essendo minorenne,

non può amministrare da sola i propri

beni, così viene nominato un pro-tutore:

l'avvocato milanese Cesare Previti, che

oltre ad essere amico è anche in affari

con Berlusconi in quanto dirigente di

una società del suo gruppo. Grazie alla

fortunata coincidenza, la favolosa villa

viene pagata circa 500 milioni

dell'epoca: un prezzo irrisorio. E, per

giunta, non in denaro frusciante, ma in

azioni false: azioni di alcune società

immobiliari che in realtà non sono

quotate in borsa, così che, quando la

ragazza si trasferisce in Brasile e tenta di

monetizzare i titoli, si ritrova con una

carrettata di carta. A quel punto, Previti e

Berlusconi offrono di ricomprare le

azioni, ma alla metà del prezzo

inizialmente pattuito. In questo modo

con 250 milioni di lire dell'epoca

Berlusconi acquista la settecentesca Villa

San Martino di Arcore, con quadri

d'autore, parco di un milione di metri

quadrati, campi da tennis, maneggio,

scuderie, due piscine e centinaia di

ettari di terreni.


(Trovata sul blog di DiPietro, tra i commenti sotto Sonia Alfano)

mercoledì 18 marzo 2009

Il Vaticano brucerà

 per autocombustione


 PAPA: PRESERVATIVI NON SONO LA SOLUZIONE PER COMBATTERE L'AIDS 

 

(ASCA-AFP) - A bordo dell'aereo Papale, 17 mar - Distribuire i preservativi non e' la soluzione per combattere l'Aids. Lo ha detto Papa Benedetto XVI a bordo dell'aereo in viaggio verso l'Africa.


L'Aids ''e' una tragedia che non puo' essere risolta solo con il denaro, ne' con la distribuzione dei preservativi che invece peggiorano il problema'', ha detto il Pontefice.


La soluzione, secondo il Papa, consiste in un ''risveglio spirituale e umano'' e ''partecipare alle sofferenze di coloro che soffrono''.


 

mercoledì 11 marzo 2009

Meetup con Beppe Grillo

Un nuovo Rinascimento


Video:



Firenze, 8 marzo 2009


Nota storico-letteraria


Dante e Pico precursori del Rinascimento italiano e della Riforma protestante


(In rilievo le parti presenti nel video)


Come la scala tutta sotto noi

fu corsa e fummo in su 'l grado superno,

in me ficcò Virgilio li occhi suoi, 126


e disse: «Il temporal foco e l'etterno

veduto hai, figlio; e se' venuto in parte

dov'io per me più oltre non discerno.


Tratto t'ho qui con ingegno e con arte;

lo tuo piacere omai prendi per duce;

fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.


Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce;

vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli

che qui la terra sol da sé produce.


Mentre che vegnan lieti li occhi belli

che, lagrimando, a te venir mi fenno,

seder ti puoi e puoi andar tra elli.


Non aspettar mio dir più né mio cenno;

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

e fallo fora non fare a suo senno:


per ch'io te sovra te corono e mitrio».


(Purg.XXVII,124-142)


Dante anticipa qui di quasi 2 secoli "il discorso di Dio ad Adamo" col quale Pico della Mirandola pone le basi del Rinascimento italiano che ha per culla Firenze:

Ma non c'è solo l'anticipo del Rinascimento in Dante. Virgilio, la ragione, gli impone corona e mitria: la corona dell'habeas corpus della Magna Charta Libertatum, la mitria del sacerdozio universale proprio della Riforma religiosa del quindicesimo e sedicesimo secolo. Non è poco.


Dopo che Virgilio lo ha lasciato solo con se stesso, Matelda lo immerge nelle acque purificatrici e lo affida alle quattro virtù cardine della vita e dignità dell'uomo: la prudenza e la giustizia, la fortezza e temperanza. Quattro virtù laiche. Ora è pronto al grande balzo.


Pico


Il "De hominis dignitate" lo compose a 23 anni. (Morì a 31, forse avvelenato)


§ 1. Preambolo

 Ho letto, molto venerabili Padri, nelle fonti degli Arabi che Abdalla Saraceno interrogato su che cosa, in questa sorta di scena del mondo, scorgesse di sommamente mirabile, rispose che non scorgeva nulla di più mirabile dell'uomo.


§ 4. Il racconto della creazione


10. Già il sommo Padre, Dio architetto aveva foggiato questa dimora del mondo, che noi vediamo, il tempio augustissimo della divinità, secondo le leggi della sapienza arcana.


11. Aveva ornato con le intelligenze la regione iperurania; aveva animato i globi eterei di anime eterne; aveva riempito le parti escrementizie e sozze del mondo inferiore con turba di animali di ogni specie.


12. Ma, compiuta l'opera, l'artefice desiderava che vi fosse qualcuno che sapesse apprezzare il significato di tanto lavoro, che ne sapesse amare la bellezza, ammirarne la grandezza11.


13. Perciò, terminata ogni cosa, come attestano Mosè e Timeo, pensò alla fine di produrre l'uomo12.


14. Ma tra gli archetipi non c'era di che dar formare la nuova progenie, non c'era nei tesori qualcosa a elargire in eredità al figlio, non c'era tra i seggi di tutto il mondo dove potesse sedere il contemplatore dell'universo.


15. Tutto era ormai pieno; tutto era stato distribuito tra gli ordini, sommi, medi, infimi.


16. Ma sarebbe stato tuttavia indegno della potestà paterna venir meno in quest'ultimo parto, quais fosse incapace di generare; indegno della sapienza,ondeggiare per mancanza di consiglio in un'opera necessaria; indegno dell'amore benefico che colui che avrebbe lodato negli altri la divina liberalità fosse indotto a condannarla a suo riguardo.


§ 5. Il discorso di Dio all'uomo


17. Stabilì infine l'attimo artefice che a colui cui non si poteva dare nulla di proprio fosse comune quanto apparteneva ai singoli13.


18. Prese perciò l'uomo, opera dall'immagine non definita14, e postolo nel mezzo del mondo15 così gli parlò: «Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto.


19.La natura agli altri esseri, una volta definita, è costretta entro le leggi da noi dettate.


20. Nel tuo caso sarai tu, non costretto da alcuna limitazione, secondo il tuo arbitrio, nella cui mano ti ho posto, a decidere su di essa.


21. Ti ho posto in mezzo al mondo, perché di qui potessi più facilmente guardare attorno a quanto è nel mondo.


22. Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale16, perché come libero, straordinario17plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che avrai preferito.


23. Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini».



1. [132r] Legi,1 Patres Colendissimi, in Arabum monumentis,2 interrogatum Abdalama sarracenum,b quid in hac quasi mundana scenac admirandum maxime spectaretur, nihil spectari homine mirabilius respondisse.d


§ 4.


10. Iam summus Pater architectus deus hanc quam videmusl mundanam domum, divinitatis templum augustissimum, archanae legibus sapientiae fabrefecerat.


11. Supercaelestem regionem mentibus decorarat; ethereos globos aeternis animis vegetarat; excrementarias et feculentas inferioris mundi partesm omnigena animalium turba complerat.


12. Sed, opere consumato, desiderabat artifex esse aliquem qui tanti operis rationem perpenderet, pulchritudinem amaret, magnitudinem admiraretur.


13. Idcirco iam rebus omnibus (ut Moses Timeusque testantur) absolutis, de producendo homine postremo cogitavit.8


14. Verum nec erat in archetipis unde novam sobolem effingeretn nec in thesauris quod novo filio hereditarium largiretur,o nec in subsellisp totius orbis, ubi universi contemplator iste sederet.


15. Iam plena omnia; omnia summis, mediis infimisque ordinibus fuerant distributa.


16. Sed non erat paternae potestatis in extrema faetura quasi effetam defecisse; non erat sapientiae, consilii inopia in re necessaria fluctuasse; non erat benefici amoris, ut qui in aliis esset divinamq liberalitatem laudaturus in se illam damnare cogeretur.


§ 5.


17. Statuit tandem optimus artifex, ut cui dari nihil proprium poteratr commune esset quicquid privatum singulis fuerat.


18. Igitur hominem accepit indiscretae opus imaginis9 atque in mundi positum meditullio10 sic est alloquutus: «Nec certam sedem, nec propriam faciem, nec munus ullum peculiare tibi dedimus, o Adam, ut quam sedem, quam faciem, quae munera tute optaveris, ea, pro voto, pro tua sententia, habeas et possideas.


19. Definita caeteris natura intra praescriptas a nobis leges cohercetur.


20. Tu, nullis angustiis cohercitus, pro tuo arbitrio, in cuius manu te posui, tibi illam prefinies.


21. Medium tes mundi posui, ut circumspiceres inde commodius quidquid est in mundo.


22. Nec te celestem neque terrenum, neque mortalem neque immortalem fecimus, ut tui ipsius quasi arbitrarius honorariusquet 11 plastes in quam [132v] malueris tute formamu effingas.


23. Poteris in inferiora quae sunt bruta degenerare; poteris in superiora quae sunt divina ex tui animi sententia regenerari».


Link da me utilizzati:


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/text/bori/frame2.html


http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/pico/saggi/tre_giardini.html

sabato 7 marzo 2009

Lugano 6 marzo 2009

Premio Dialogare 2009

Narrativa
Testo premiato Il fim di Thérèse

Per conoscere meglio Alessia Ballinari



Ci può raccontare il Suo percorso letterario?
Più che un percorso direi che si tratta piuttosto di un inizio: diciamo che ho sempre voluto scrivere, ma solo raramente ho dato forma compiuta ai pensieri sparsi per i vari taccuini.

Dal 2005 al 2008 ho collaborato alla rivista interculturale online www.bazarmagazine.ch, dove ho pubblicato interviste e articoli di approfondimento, oltre a brevi racconti più o meno legati alle mie esperienze di vita in Inghilterra. All’università ho partecipato a laboratori di scrittura creativa e giornalistica, e successivamente mi è capitato di utilizzare la scrittura a scopi professionali. È da poco che ho deciso di investire di più nella scrittura: il racconto per il Premio Dialogare è il primo risultato di questo proposito.

Che cosa la spinge a scrivere?
Di preciso non saprei. Penso la voglia di comunicare, parlare di temi che mi stanno a cuore. Poi c’è anche qualcos’altro: una sorta di soddisfazione nel vedere una certa frase scritta su un foglio, nero su bianco, o leggerne il suono ad alta voce, e sentire che le parole fluiscono riuscendo a esprimere esattamente quello che avevo in testa. Purtroppo non capita spesso: sono molto esigente nello scrivere, direi che è quasi una fatica per me. Prima di cominciare mi chiedo un’infinità di volte perché scrivo, se ho davvero qualcosa da dire perché non sia soltanto un esercizio di stile, o uno sfogo personale: se non sono convinta (come spesso accade), lascio perdere.
L'intervista continua qui

Motivazione della giuria per il premio

"Il racconto interpreta in modo brillante il rapporto realtà/fantasia suggerito dal tema del concorso, sviluppando un personaggio femminile in sintonia con gli intendimenti dell’Associazione Dialogare, perché sa rinunciare con ironia alle illusioni della società mediatica, vivendo la quotidianità in modo autonomo e creativo."

Motivazioni della giuria per il racconto segnalato

Una donna come te” di Paola Galli di Firenze

Un laboratorio di sartoria, che accoglie giovani donne provenienti da paesi lontani e da culture diverse, diventa lo specchio in cui si riflettono i grandi interrogativi dell’epoca; trasformare lo scontro di civiltà in incontro, emancipare la donna attraverso il lavoro, fare dell’altro un nostro concittadino? L’autrice li riconduce a una quotidianità realmente vissuta in tutte le sue contraddizioni, fra speranze e illusioni. E ce li propone con gradevole abilità narrativa.

Massagno, 5 marzo 2009

Nota

I racconti presentati al concorso sono stati 62. Il 90 % svizeri, i restanti italiani. Paola racconterà il viaggio, l'incontro, l'accoglienza.  Io mi limito a dire che ho perduto le foto delle mia camera digitale e lo scrivo con grande dispiacere.

Riguardo al Canton Ticino, Canton Vicino (un'ora di treno da Milano, compresa la sosta di servizio-dogana di Chiasso) tengo a rilevare l'emozione che sempre mi crea l'entrata in Svizzera, paese dove non esistono monumenti ai caduti. Non ho neppure visto statue a cavallo...

 Nota di Paola

Appena arrivati a Lugano, Daniela che poi avrebbe continuato a mostrarsi disponibile per tutta la durata della nostra visita ci ha accolto nella sua macchina. Era una giornata piovosa e l'iniziativa ci è stata di molto aiuto anche perché non conoscevamo la città. Posso dire che questa accoglienza premurosa ci ha accompagnato per tutto il tempo: durante il pomeriggio della premiazione, la sera alla cena in casa di Osvalda, Presidente del premio e dell'Associazione, nel riaccompagnamento all'albergo. Le componenti di questa associazione che, come scrive nel suo statuto, ha come  scopo attività di formazione, approfondimento culturale, consulenza, ricerca e incontro a livello individuale e di gruppo per la valorizzazione e la crescita del ruolo personale in particolare della donna, sono persone capaci e culturalmente preparate. Hanno parlato del lavoro che fanno in relazione al premio con competenza e con rispetto per quello che le concorrenti avevano espresso. Ho avuto occasione di essere presente ad altri premi letterari. Questo mi è parso, più di altri, serio e scevro da fastidiose ampollosità di sedicenti critiche letterarie. Soddisfacente l'organizzazione di una serata simpatica e vivacizzata dalla fisarmonica dolce e appassionata di Sandra. Lugano è una bella città tranquilla, quasi nascosta tra montagne innevate e lago. Il clima fresco e umido del primo giorno si è poi addolcito il dì seguente fino a mostrarci il sole tra le nuvole con l'annuncio di primavera. Ci è piaciuto il vecchio centro scoperto quasi per caso col mercato e i negozi specializzati in cioccolateria. Abbiamo riempito una borsetta con bei pezzi di cioccolata “sfusa”, tipo i croccanti delle nostre fiere, al sapore di mirtillo, uvetta,nocciole, mandorle, zucchero caramellato… il pacchetto ci fa compagnia insieme al ricordo e alla nostalgia.

Arrivederci senza addio, Lugano bella.

domenica 1 marzo 2009

Sarò a Lugano il 5 marzo

Come valletto accompagnatore

di Paola che si presenta a ricevere la Menzione d'onore per il racconto presentato al concorso indetto dalla Associazione Dialogare-Incontri di Lugano.

Premiazione Premio Dialogare 2009

Come in un film

Questo il racconto segnalato al posto d'onore (dopo quello premiato: è un destino per Paola, ma va bene lo stesso), perché Paola sa scrivere. A volte, senza invidia né malizia, ci fermiamo a considerare pubblicazioni premiate nella grande sarabanda dei concorsi: c'è spesso roba "bruttina", scritta anche malino.  L'Associazione luganese è stata scelta da Paola perché in sintonia col suo impegno civile e letterario, come si può desumere entrando nel sito web:

Concorso Dialogare 2009        

Una donna come te
Guardo Antonia che sorbisce senza entusiasmo il suo orzo, come me del resto. Siamo a dieta, visto che dormiamo poco la notte. "Loro" fanno come al solito il caffé turco, nero, corposo, fragrante. Il nero brillante sembra si rifletta negli occhi scuri dal bianco azzurrino sotto le palpebre ambrate. I vestiti colorati sgonnellano su e giù dal ripostiglio che serve da cucina. E' l'ora del break, durante l'orario mattutino del laboratorio. Ci si rilassa tutte un po', mangiando la pitta con la ricotta che Fara ha portato stamani. A me la pitta non piace, la trovo unta, meglio i panini con la marmellata cotti nel forno di Sabila. In questi giorni però non li può fare perché le hanno tolto la corrente. Il guaio grosso è doversi lavare con l'acqua fredda.

Intervengo io:" non compri i vestiti nuovi per tutti, quando fai la festa di Maggio. Non prendi la macchina nuova e ti contenti di risistemare la vecchia". Evito di dire "come faccio io" e mi pare di aver distillato tutto il possibile buon senso, ma lei mi guarda con gli occhi che hanno quel bianco così azzurro e io mi sento un po' nel giusto, un po' no. Penso a tutte le famiglie del campo che non rinunciano alla macchinona nuova e poi fanno le docce fredde.
A questo punto le fumatrici escono e si liberano dalla rabbia col fumo delle sigarette. Si torna al lavoro. La stireria funziona a ondate, bene d'inverno, meno durante la buona stagione. Il laboratorio di cucito tira abbastanza perché i rammendi ora nessuno ha più tempo di farli e comprare il nuovo non sempre si può. Le romnì a volte sono stanche e nervose. Litigano fra loro e parlano troppo forte nella loro lingua, anche se le clienti ormai ci hanno fatto l'abitudine. Forse è difficile essere solidali quando si vive gomito a gomito in un piccolo villaggio di casette di legno distanti un metro una dall'altra su una collinetta ex scarico di rifiuti, ai margini della città. E quella che hai accanto, anche se parla la tua lingua, ha una storia e una provenienza diverse dalla tua e mentre tu hai solo tre figli, lei ne ha sette che gridano, fanno a botte e ti rubano i panni dal filo dove li avevi stesi ad asciugare.
Qualche volta ripenso a tutta la nostra storia che è in piedi ormai da 10 anni ed è come se mi scorresse davanti agli occhi un lungo film fatto di inquadrature brevi quasi dei flashes, che però sono tante e precise. Quasi tutte di donne. I primi approcci al campo, quando avevamo un po’ timore di quelle donne scure che ci guardavano con una curiosità quasi sfacciata. C’era la difficoltà di capirsi, solo una cosa era chiara: volevano lavorare. Rivedo i bambini che si nascondevano ridendo dietro un mucchio di assi di legno o facevano capolino dalle finestre delle baracche ornate di tendine bianche che avevano un barlume di accoglienza. L’immagine è già sfuggita, al suo posto c’è Mirka, la figlia di Fara, che va in bicicletta e mi dice: “Non so se ci potrò più andare quando sarò sposata. Lui non vuole.” Ancora Mirka col vestito bianco del matrimonio fatto venire apposta da Skopje, a cui avevamo aggiustato i pesanti ricami un po’ sciupati. Qualcuno sussurra “Sembra una principessa”. Poi la principessa se ne va via da casa e io vado a trovarla nel rifugio dove l’assistente sociale l’ha portata coi due bambini. Infine, ed è l’ultima, noi due insieme nella sua casetta. Ora lei è vestita da moglie, con un fazzoletto in testa e non porta più i pantaloni. Appaiono altre immagini che s’impongono in primo piano. Gisa, l’unica ragazza rom che era entrata al laboratorio. Aveva 17 anni quando l'abbiamo presa a lavorare. Grande e robusta, allegra di quella allegria contagiosa e fresca che solo a quell'età si può avere. Con Daniela, appena più grande di pochi anni, chiacchieravano fitto, lavorando, e ridevano perdutamente di cose e persone che sapevano solo loro, finché Daniela saltava su e correva al bagno proclamando: "E ora corro a fare la paipai". Ora Gisa non c'è più, si è sposata e sta in Germania, in una sconosciutissima cittadina del Nord dove l'inverno deve fare un freddo considerevole e dove si parla una lingua difficile che lei dovrà imparare. All'inizio, quando ci annunciò che si sposava, le dicemmo senza mezze misure che per noi era un tradimento. Non si era insistito abbastanza sul fatto che bisognava resistere alla volontà della famiglia che, appena hai compiuto 15 anni, ti sta appresso per farti sposare uno che non hai mai visto né conosciuto? Anche lei era d'accordo.

Bene, pensavamo noi con soddisfazione, Gisa resiste, ha già vent'anni ed è diventata proprio brava. Il laboratorio lo affideremo a lei. E lei era uno degli elementi che ci facevano sentire contente di come andavano avanti le nostre cose.
Ora la vediamo ogni tanto, piuttosto di rado, quando torna a trovare i suoi. Ha imparato un po' di tedesco e ci pare sia contenta del marito e della suocera con cui abita. Ha mantenuto il suo bel sorriso allegro.
E’ stata una storia lunga durante la quale siamo vissute così a stretto contatto con lei che è impossibile non dedicarle un’attenzione particolare. La vedo coi suoi bei capelli neri annodati dietro mentre lavora e ride con Daniela e poi, quando è tornata dopo il matrimonio, con i capelli sciolti, un po’ di trucco e anelli e braccialetti a profusione.
“Tutti del matrimonio, Gisa?”
“Tutti, ma ne ho ancora a casa che mi hanno dato i parenti. Questi sono di lui.”
Quel lui verso il quale eravamo così diffidenti e forse anche un po’ gelose e di cui ci piaceva ora sentir parlar bene. Ultime. appaiono le mie ragazze giovanissime dagli occhi intriganti a cui ho chiesto, dopo averle tenacemente cercate, se avrebbero accettato di sposare l’uomo scelto dalla loro famiglia. Genna, che è scappata di casa col suo ragazzo e l’ha imposto ai suoi. Ha i capelli spettinati come sempre e gli occhi brillanti e decisi. Elvira e Zina che non ce l’hanno fatta. Ora, anche se giovanissime, sono già madri di famiglia. Sono ancora carine però. Mi guardano con un mezzo sorriso come per dirmi che è inutile fare a pugni, si soffre di più. Quando osservo le immagini di queste donne vedo anche i loro colori: verde scuro, rosso rubino, giallo zafferano. E il bianco, quel bianco lucido di quando si sposano. E dev’essere un bianco davvero veritiero, se no la suocera può ancora gridare e cacciarle di casa.
Però, il viso, lo vedo quasi in bianco e nero, prima di tutto perché adoro il bianco e nero, poi perché, se è un viso espressivo, il colore si perde e ti ricordi solo la pelle che è appena un po’ scura e gli occhi molto neri che hanno uno sguardo ora di simpatia curiosa perché “tu ti interessi a me”, ora di sfida perché “chi pensi di essere, io sono una donna come te”, ora di timore perché “tu vieni a carpire qualche segreto che andrai a spifferare tra la gente che sa così poco di me”.

  Questa l'intervista in anteprima:
Per conoscere meglio Paola Galli
Ci può raccontare il Suo percorso letterario?
Ho cominciato a scrivere tardi, poco prima del pensionamento, perché in realtà non mi sono mai pensata come una scrittrice, ma come una persona occupata a fare altre cose, insegnamento e attività sociali, e solo saltuariamente impegnata a ritagliarsi un piccolo spazio personale in cui lasciarsi andare alla scrittura. Un po' come un optional piacevole, ma occasionale. In realtà mi rendo conto di quanto mi piaccia la scrittura, come mi piace, e la pratico da sempre, la lettura di narrativa, in particolare quella femminile, nei riguardi della quale sono via via diventata, come succede, notevolmente selettiva. Mi interessa soprattutto il racconto, un organismo completo in se stesso. Non ho grande interesse per lo svolgimento dell'azione, che caratterizza il romanzo, mi emoziona di più individuare un punto centrale, uno scarto a cui corrisponde un momento di forza emotiva, come dice una brava scrittrice di cose femminili, Grazia Livi. Intorno a questo elemento nasce e si svolge poi il piccolo universo del racconto. E poi il racconto, se è di qualità, non ha cadute di stile, mentre il romanzo le ha quasi inevitabilmente e anche momenti di noia. 
Che cosa la spinge a scrivere?
E' importante la domanda su cosa mi spinge a scrivere. Credo che, come per altri, avvenga per esprimere qualcosa a cui tengo e nel tempo stesso per creare un punto d'incontro, perché certamente qualcosa di quello che si dice toccherà nel vivo qualcuno. Almeno è quello che si spera quando si scrive.
Scrivere per una giuria, l’ha condizionata o particolarmente stimolata ?
Che la giuria fosse tutta femminile non lo sapevo, ma in ogni caso sottoporsi a una giuria mi pare stimolante (se mai il condizionamento viene dal titolo), anche se resta sempre l'incognita di non sapere se si entrerà in sintonia. In questa occasione ho pensato che mi interessa entrare in rapporto con il gruppo di "Dialogare" che, come me in fondo, è interessato a creare possibilità di lavoro e di inserimento nella produttività. Mi pare di poter dire che, in situazioni diverse, abbiamo in fondo le stesse finalità.
Per quale pubblico scrive?
Il pubblico da cui mi aspetto maggiore comprensione è, in linea generale, quello delle donne e non a caso le poche cose che ho scritto hanno le donne come protagoniste.
Dopo il premio, qualche progetto?…o un sogno nel cassetto?
Sì, un sogno o meglio un progetto ce l'ho e ho anche incominciato a dargli forma: un libro sulle giovanissime ragazze rom del villaggio del "Poderaccio" contiguo al quartiere dove abito, ai loro precoci matrimoni, più o meno forzati, alla loro impossibilità di continuare gli studi e di entrare con dignità nel mondo del lavoro. Per realizzare questo libro mi occorrono ancora molte interviste, che non è facile fare, senza creare sentimenti di diffidenza. So che mi dovrò impegnare.

 Notizia biografica
 Sono nata e ho sempre vissuto a Firenze, dove ho insegnato materie letterarie negli Istituti Tecnici. Dopo la scuola ho lavorato in "Un ponte per Baghdad" e in una piccola associazione che forniva audiocassette per non vedenti "Ascoltare un libro". Da 11 anni collaboro con una cooperativa sociale che fa lavorare donne rom o comunque svantaggiate. Offriamo al pubblico un servizio di cucito e stiratura.

 Bibliografia
Madre e handicap, Feltrinelli ed., Milano, 1988 (Giuliana Ponzio e Paola Galli)
Una vita segreta, Gazebo ed., Firenze, 1999
Un'identità intermedia, Tufani ed., Ferrara 2006
Nel sito seguente si può vedere il video trasmesso su RAI 2 riguardante la cooperativa sociale di cui parlo sopra.
http://www.unmondoacolori.rai.it/sito/scheda_puntata.asp?progid=236