Diario di viaggio
In Giordania e Siria (VII)
Le città vive
Amman
Non abbiamo visto molto di queste grandi città che contano circa un milione e mezzo di abitanti. Parlerò perciò più che altro dell’impressione che ne ho avuto. Di Amman ricordo la bianchezza dei numerosi edifici nuovi che ne fanno un agglomerato immenso di quartieri periferici intorno al centro antico. Anche la moschea più importante della città è tutta nuova, con una cupola splendente. Rinunciamo ad entare perché le regole del vestiario sono molto severe e non ci sentiamo di imbacuccarci tanto per un edificio dall’aria così fredda. Forse nel suo complesso Amman è proprio un po’ fredda per come ci si può immaginare una città orientale. Le belle strade e i bei negozi ricordano le nostre grandi città. I quartieri vecchi sono pieni di negozietti che restano aperti fino a ora tarda. Qui ci sono ancora i vecchi artigiani, il sarto con la macchina da cucire fuori della porta, il ciabattino che appena riesce a incastrarsi nel suo buco pieno di scarpe e ciabatte di ogni tipo e non manca il carrettino del gelataio che fa anche la granita al limone.
Aleppo
Aleppo e Damasco sono certamente città con un aspetto più orientale. I quartieri vecchi sono alveari dove si muovono continuamente tante persone, ognuna per la sua strada, intorno alle mille botteghine che stanno l’una appiccicata all’altra, suddivise per generi: gli orafi, i venditori di cereai, di spezie, di generi di cartoleria, di paglia, di stoffa ecc. Non si ha l’idea di quante ce ne sono, spesso veri cunicoli che hanno magari sopra l’abitazione. Già, dove sono le abitazioni? In questi quartieri porte non se ne vedono, solo negozi, ma sopra le finestre coi panni stesi fanno pensare a famiglie numerose. Intorno al brulichio di questa gente, un traffico pazzesco che non si ferma mai. Chiunque voglia attraversare è un coraggioso che spera ottimisticamente di arrivare salvo dall’altra parte. Certo, appena ci si allontana da questi quartieri vecchi e spesso fatiscenti, ci si imbatte in strade silenziose che hanno belle case di pietra giustamente distanziate le une dalle altre. E’ il caso del quartiere armeno di Aleppo, dove anche i negozi sono più belli e hanno gli spotti in legno lavorato. I grandi portoni delle case hanno come battente una manina volta in giù come a Siviglia.
Damasco
A Damasco le vie intorno al suq coloratissimo e pieno di gente sono antiche e mostrano tracce di templi greci che sono rimasti incorporati nelle mura arabe. Qui puoi incontrare il carretto che fa la spremuta di melagrana, squisita e a buon prezzo. O l’acquaiolo che avrebbe fatto la sua figura in una Napoli dei primi del ‘900. Porta sulle spalle un aggeggio di metallo bianco da cui fa uscire l’acqua e al quale sono appesi dei bicchieri anche questi di metallo. Tutto è confusione in queste strade dove la gente si pigia e le merci sembrano quasi troppe, come se non si pensasse ad altro che a vendere e a comprare. La grande moschea degli Omayyadi che resero Damasco Capitale è un’isola di quiete dove ci si può sedere sul tappeto e parlare sottovoce. Alcuni uomini distesi in un angolo dormono. “Non sarebbe giusto – dice la guida – ma si vede che erano molto stanchi”.
Dopo aver visitato il palazzo Azem, una dimora nobile del ‘700 con i suoi giardini, cortili con alberi e appartamenti separati per tutti i componenti della famiglia, torniamo all’albergo con un gran desiderio di riposare anche noi.
Che dire di queste grandi città belle e brutte insieme, dove la bellezza è per lo più confinata negli antichi edifici pubblici e religiosi e negli alberghi di lusso come lo Sheraton, mentre tutto il resto affoga nel degrado e nell’inquinamento più totale? Cerchiamo di fare una riflessione. Non pensiamo che sia stata la religione a mantenere certe arretratezze quanto piuttosto la mancanza di un percorso civile in evoluzione. Forse è mancata da queste parti una classe media che abbia saputo far da tramite tra il popolo e i grandi signori (sceicchi, pascià, califfi …) creatrice di un progetto di rinnovamento della società. (Paola, fine)
Nota del barba
Il mio personale ringraziamento al profeta Maometto che, vietando gli alcoolici, mi ha sicuramente salvato dai taxi che come talpe impazzite e strillanti hanno fatto una sarrabanda continua davanti al nostro "alberghetto" posto proprio in centro (di fronte al nuovissimo Sheraton e alla torre dell'orologio). La mia pelle sarebbe sicuramente diventata una striscia tra le poche e malmenate strisce di attraversamento del caos cosmico aleppino. Da qui il grande godimento dei momenti di "raccoglimento" dentro la grande moschea omayyade. Allah sempre grande e misericordioso.
PS. La motorizzazione in Siria è targata Corea e Giappone, leggi Yundai e Nissan...