Solstizio d'estate (II)
Le tombe dei fratelli Van Gogh sono ai piedi del muro
domenica 14 giugno
Giornata di sole. Fa caldo.
Flins è a ridosso di una collina boscosa ed ha un magnifico parco verde e fiorito. La nostra casa è al bordo del parco.
Lola ci comunica il piano della giornata: mattinata in paese per vedere la "brocante", pomeriggio in macchina alla confluenza dell'Oise con la Senna, occhiata da fuori alla casa museo di Zola, visita alla tomba di Vincent Van Gogh.
La brocante si fa a Flins una volta all'anno, dura tutta la giornata. Chiunque è autorizzato a portare nello spazio predisposto all'interno del parco tutte le cianfrusaglie finite in cantina o in soffitta per venderle al miglior offerente. La fierucola di Poppi in Casentino, ma più in grande. E' un mercato povero; quando piove è una pena per mancanza di attrezzature al coperto, ma questa seconda domenica di giugno splende il sole e l'aria profuma di fiori.
A pranzo la bella sorpresa della "raclette" preparataci da Lola e Jean e più tardi, a Pontoise, un giro fuori programma sul battello alla confluenza dell'Oise con la Senna. Sul ponte, al sole, soffriamo il caldo. L'unica volta. Il cimitero di Van Gogh è nelle vicinanze, a Auvers sur l'Oise, in cima a una collina, come sono le colline francesi che si fanno raggiungere dopo un lieve pendio e poi si allargano dolci e rotonde su una visuale a 360 gradi. Un bel cimitero nordico senza i nostri "forni", con tombe interrate, due delle quali cullano sotto un manto d'erba verde rigogliosa Vincent Van Gogh e il fratello fedele Theodore. Al di fuori del cimitero la campagna verde di maggesi celebra il ciclo alterno della vita e della morte, Cerere e Proserpina. Un'emozione che i nostri camposanti coperti di marmi e circondati da monumenti e cappelle non riescono a dare. Speriamo che con l'affermarsi della cremazione riusciamo anche noi a riportare a prato i nostri cimiteri.
Lunedi 15 giugno
Pioggia. Mattinata con Paola ai magazzini Lafayette (il grande interno a cupola dorata e scintillante quando le Esselunga da noi e nel vasto mondo ibernavano sotto terra), pomeriggio all'UNESCO con Lola momentaneamente riassunta in servizio volontario per alcuni mesi, poi visita all'Istituto Italiano di Cultura che troviamo vuoto, a biblioteca chiusa. Mancato incontro con la Direttrice. Ci rifaremo mercoledi 17 con la visita al "Centro Culturale Italiano" che si trova in poche piccole stanze nel cuore di Parigi, di fronte alla antica chiesa gotica di S.Séverin. Lola si e ci presenta al Direttore Antonio Francica col quale rimaniamo d'accordo per l'invio del libro "Ivi é Romena", nella prossima edizione francese "Ce Lieu Romena". Nel frattempo lasciamo al Centro le pagine scritte da Lola su Dante a Parigi. Non mi dispiacerebbe fare una presentazione di "Dante a Parigi e in Casentino" nella vicina chiesa di S.Severino che si rende spesso disponibile alle iniziative del Centro che è frontaliero ad essa. Que serà serà.
Dopodiché Lola e Paola mi conducono alla Mairie o Municipio del Dipartimento 16° dove è in corso "La Settimana Italiana". Siamo in un bel palazzo storico con grandi sale e Paola ha l'occasione di vedere ascoltare e intervistare una scrittrice come Rosetta Loi di cui ha letto parecchi libri. Nel cortile e alle pareti bandiere due volte tricolori, grandi poster di Sofia Loren e della Cinquecento Fiat, ratto di Proserpina del Bernini, musiche di Verdi, Mascagni e Puccini. Un caffè letterario italiano dal 17 al 21 giugno 2009.
Gran finale di giornata a cena da Teresa e Beppe, un pezzo d'Italia trasferito a Parigi in una bella casa nel verde su una delle colline a ridosso della città. Bravissima Lola alla guida della mercedes cedutagli dal figlio Arnaud. Una bella cena-merenda informale e succosa, le amarene colte in giardino, la conversazione con Beppe matematico all'Università di Parigi e Teresa addetta a non so quale ONG che visita, studia e sorregge realtà migratorie presenti in Francia. Qualità e competenza, cultura e finesse unite come giusto alla più informale immediatezza e semplicità di rapporto. Il piacere dello scambio di esperienze di vita di cultura di lavoro quando, essendo all'estero, puoi fuoruscire dallo schema turistico piazze, monumenti, musei. Con Teresa e Bruno ci rivedremo in Casentino e a Firenze.
Martedi 16 giugno
Sosta di riposo a Flins, padroni della casa, dato che Lola è nel suo Ufficio all'UNESCO e Jean è ritornato in Casentino, ai suoi gatti e al suo orto. Paola ne approfitta per bracare come sempre tra le fotografie di famiglia che i proprietari lasciano in vista su scaffali e mobili, io vado a cammianre nel bosco sovrastante e poi in bicicletta nei dintorni con visita ai ciliegi abbandonati laggiù in fondo alla strada nei terreni probabilmente espropriati per far posto a stabilimenti vari. Giorni prima Lola ci aveva guidato verso due alberi di ciliegie bianche (mature s'intende) poi cotte con vino zucchero e cannella secondo la consueta ricetta di Paola. Ma io avevo adocchiato tre piante di ciliege rosse lì vicine. Ne avevo promessa una sportata a Lola e così è stato.
L'ultimo giorno, in attesa della partenza dal terminal dei bus navetta per l'aereoporto di Beauvais, visita molto gratificante al Museo degli Impressionisti, in quella magnifica collocazione che l'ha trasferito dal vecchio "Jeu de pomme" alla Stazione monumentale del Quai d'Orsay. Do you know?
Nota storico-sentimentale
Vincent Willem van Gogh (Zundert (Olanda), 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) - Autore di quasi 900 tele e di più di mille disegni, tanto geniale quanto incompreso in vita.
A Auvers-sur-Oise
Vincent arrivò a Parigi il 17 maggio 1890 e conobbe per la prima volta il nipotino e la signora van Gogh, la quale trovò il cognato un uomo «forte, largo di spalle, con un colorito sano, un'espressione allegra e un'aria decisa». Passò tre giorni in casa del fratello, riesaminando i tanti suoi quadri che nel tempo gli aveva mandato. Il 21 maggio partì per stabilirsi a Auvers-sur-Oise, un villaggio a 30 chilometri da Parigi, dove risiedeva un medico amico di Théo, il dottor Paul-Ferdinand Gachet (1828-1909), che si sarebbe preso cura di lui.
Il sessantaduenne dottor Gachet, omeopata, darwinista, favorevole alla cremazione dei defunti - un'opinione scandalosa a quei tempi - repubblicano, socialista e libero pensatore, era un personaggio molto noto a Auvers dove abitava in un villino che dominava il paese. Laureatosi a Montpellier in medicina generale e con un particolare interesse per la psichiatria, aveva a lungo esercitato a Parigi, dove aveva conosciuto molti artisti, da Victor Hugo a Gustave Courbet, da Manet a Renoir e a Cézanne, e la sua casa conservava parecchie tele di impressionisti, oltre a una notevole quantità di soprammobili e oggetti vari che van Gogh chiamava «nere anticaglie».
La sua competenza nelle cose artistiche, certe comuni preferenze e anche il suo garbo e la sua natura fondamentalmente malinconica fecero presa sul pittore, che frequentò spesso la sua casa, ritraendo due volte la figlia Marguerite e non mancando di fargli il ritratto. Ma più tardo scriverà al fratello: « Credo che non bisogna contare in alcun modo sul dottor Gachet. Mi sembra che sia più malato di me, o almeno quanto me. Ora, quando un cieco guida un altro cieco, non andranno a finire tutti e due nel fosso? Non so che dire. Certamente la mia ultima crisi, che fu terribile, fu in gran parte dovuta all'influenza di altri malati.
In un'alra lettera: « Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l'estrema solitudine »
È certo che egli non faceva nulla per alleviare la sua solitudine nonostante ne fosse oppresso: non frequentò mai i non pochi pittori che soggiornavano a Auvers - uno di essi, l'olandese Anton Hirschig, alloggiava nel suo stesso albergo - anche se forse loro stessi, spaventati, lo evitavano, a causa della sua malattia. Per lo stesso Hirschig, egli «aveva un'espressione assolutamente folle, con gli occhi infuocati, che non osavo guardare»
Il suicidio
La sera del 27 luglio, una domenica, dopo essere uscito per dipingere come al solito nelle campagne che circondavano il paese, rientrò sofferente nella locanda e si rifugiò subito nella sua camera: al Ravoux che, non vedendolo presentarsi per il pranzo, salì per accertarsi della sua salute e lo trovò sdraiato sul letto, confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella al petto in un campo vicino. Al dottor Gachet che, non potendo estrargli il proiettile, si limitò a fasciarlo ma gli esprimeva, per rincuorarlo, la sua speranza di salvarlo, rispose che egli aveva tentato coscientemente il suicidio e che, se fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto «riprovarci» - «volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca» - esclamò; con il fratello Théo che, avvertito, era accorso la mattina dopo, Vincent passò tutto il 28 luglio, fumando la pipa e chiacchierando seduto sul letto: gli confidò ancora che la sua «tristezza non avrà mai fine». Sembra che le sue ultime parole fossero: «ora vorrei ritornare». Poco dopo ebbe un accesso di soffocamento, poi perse conoscenza e morì quella notte stessa, verso l'1,30 del 29 luglio.
In quanto suicida, il parroco di Auvers si rifiutò di benedire la salma e il carro funebre fu fornito da un municipio vicino. Il 30 luglio la bara, rivestita da un drappo bianco e ricoperta di fiori gialli, fu calata in una fossa accanto al muro del piccolo cimitero di Auvers: assistevano Théo, che non smetteva di piangere, il dottor Gachet e i pochi amici giunti da Parigi. Pochi mesi dopo anche Théo van Gogh venne ricoverato in una clinica parigina di malattie mentali. Dopo un apparente miglioramento, si trasferì a Utrecht, dove morì il 25 gennaio 1891. Nel 1914 le sue spoglie, per volontà della vedova, furono trasferite ad Auvers e tumulate accanto a quelle di Vincent.
Da Wikipedia
foto del viaggio