domenica 25 aprile 2004

Dante a Firenze(da...

Dante a Firenze


(dal vivo!)



 



Giovedi 22 aprile, Cenacolo-refettorio dei frati del convento di S.Croce, salone grande come una chiesa, di fianco alla Cappella dei Pazzi, sul lato destro di S.Croce guardando la facciata. Alle 20,15 mi trovo con Paola di fronte alla cancellata di ferro con altre 200 persone in paziente attesa per lo spettacolo offerto tutte le sere alle 21 da Vittorio Sermonti che commenta e poi legge un canto del Purgatorio. E’ una delle prime sere di vera primavera, la luce regalata dall’ora legale si confonde con la prime luci artificiali che battono sugli archi in pieta serena del cortile interno che conduce alla Cappella de’ Pazzi. Ho lasciato Paola seduta sulla panchina in pietra della Piazza; è insieme a Gabriella Fiori, grande traduttrice dall’inglese di Iris Murdoch e altre, dal francese di Simone Veil di cui è una delle esperte qualificate; appoggiato al muro a lato della cancellata vedo tutta la Piazza, quadrata spoglia e semplice, ritornata a questa splendida asciutta severità da quando, una ventina d’anni fa, i fiorentini ebbero l’idea – elementare – di togliere l’enorme brutto ottocentesco monumento di Dante dal fondo della piazza che dà su Via de’ Benci e Via de’ Neri, per spostarlo a lato della facciata, assorbito dai marmi ottocenteschi della stessa – stesso colore – e reso quasi invisibile come invisibile fu ai fiorentini il poeta in carne ed ossa dopo il bando che lo allontanò per sempre da qui. Paola e Gabriella parlano in continuazione – nel senso di Gabriella – facile all’eloquio come alla scrittura; devo richiamarle per esser pronte all’apertura del cancello in modo da conquistare i primi posti. Nessuno di noi ha mai visto Sermonti, e questa è un’occasione irripetibile.


Conquistiamo la decima fila, non male. Ad un certo punto, la giovane maschera si avvicina a noi e, gentilissima, ci chiede se non abbiamo difficoltà a spostarci alla quarta fila, sui posti riservati! Quando uno deve esser fortunato! Il motivo? C’è un gruppo di tre privilegiati che chiede la retrocessione al nostro posto in quanto sta a fianco dell’altoparlante e questo consente un miglior udito, forse per una registrazione. L’arrivo di Vittorio Sermonti, dal fondo del Cenacolo, percorrendo il lungo corridoio tra gli astanti ormai tutti al completo, ha la solennità dell’Incipit Commedia Dantis Alagherii, florentini natione non moribus. Vedo realmente Dante vestito in semplici panni moderni, camicia aperta senza cravatta rientrare a Firenze con tutti gli onori; il passo è solenne, l’andatura eretta, non altera ma consapevole che il poema sacro ha finalmente vinto la crudeltà che l’ha fin qui tenuto serrato fuori dal bell’ovile in cui abitò fanciullo; il segno che è proprio lui, Dante in persona me lo dà la cartella rossa del colore della fiamma viva che porta sotto il braccio e che contiene il Poema Sacro; ho un sussulto. E’foderata con la stoffa della veste di Beatrice, non può essere altrimenti; ripasso mentalmente i versi:


sovra candido vel cinta d’oliva


Donna m’apparve sotto verde manto


Vestita di color di fiamma viva! (Un rosso tipo questo che vedete, molto vivo).


Proprio quella!


Anche l’andatura è quella d’un cinquantenne. Ci passa di fianco consapevole di diffondere intorno a sé la gioia che segue ad un attesa desiderata, sale il gradino della pedana, apre la borsa proveniente dalla boutique dei Portinari di Via del Corso, poggia i fogli sul leggio e subito comincia, con l’aria grave ed assorta di un Direttore d’orchestra che attacchi con un adagio:


Sì come quando i primi raggi vibra


Là dove il suo fattor lo sangue sparse,


cadendo Ibero sotto l’alta Libra,


e l’onde in Gange da nona riarse,


sì stava il sole; onde ‘l giorno sen giva,


come l’angel di dio lieto ci apparse.


(Purg. XXVII, inizio).


Spiega Dante:


Il sole sta per sorgere a Gerusalemme, e quindi sta per tramontare in Purgatorio, quando ai tre poeti appare al di qua della fiamma, un angelo, che li invita ad entrare nel fuoco purificatore, al di là del quale c’è il Paradiso terrestre dove comparirà Beatrice!


E’ una voce chiara e forte, la voce è d’un Arnoldo Foà cinquantenne, anche meglio. Si vede che l’emozione del ritorno lo fa “trasumanare.


Segue la spiegazione dei 142 versi del canto e poi, in fine, la lettura. Se in Italia la TV non fosse in questo momento in mano agli analfabeti di ritorno, uno spettacolo così sarebbe trasmesso in diretta.


Ma Dante non se ne fa; già al sesto giorno di presenza in Santa Croce ci aveva avvertito:


Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

Ché le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.

Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace, e tu con senno!
S'io dico 'l ver, l'effetto nol nasconde.
Atene e Lacedemona, che fenno
l'antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch'a mezzo novembre
non giugne quel che tu d'ottobre fili.
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,
ma con dar volta suo dolore scherma.


Non ci resta che ringraziare Telecom che ci regala queste 33 serate che è già possibile ascoltare – gratis - in Internet, insieme ai canti dell’Inferno letti e commentati l’anno passato a Milano.


L’applauso finale dura alcuni minuti. Sulla parete di fronte i personaggi dell’ultima cena di Duccio sembrano avere una vibrazione; e i nastri della storia della Croce ondeggiano, per questa volta, di gioia.



 



 



 



 


 

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