Presentazione al castello di Poppi - VI
Video sesta scena: Il grande rifiuto, Firenze spietata e perfida.
Testi
Racconto di Buonconte
E io a lui: “Qual forza o qual ventura
ti travïò sì fuor di Campaldino,
che non si seppe mai tua sepultura?”.
“Oh!”, rispuos’elli, “a piè del Casentino
traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,
che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano,
arriva’ io forato ne la gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano.
Quivi perdei la vista e la parola;
nel nome di Maria fini’, e quivi caddi,
e rimase la mia carne sola.
Ben sai come ne l’aere si raccoglie
quell’umido vapor che in acqua riede,
tosto che sale dove ‘l freddo il coglie.
Giunse quel mal voler che pur mal chiede
con lo ‘ntelletto, e mosse il fummo e ‘l vento
per la virtù che sua natura diede.
Indi la valle, come ‘l dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia; e ‘l ciel di sopra fece intento,
sì che ‘l pregno aere in acqua si converse;
la pioggia cadde, e a’ fossati venne
di lei ciò che la terra non sofferse;
e come ai rivi grandi si convenne,
ver’ lo fiume real tanto veloce
si ruinò, che nulla la ritenne.
Lo corpo mio gelato in su la foce
trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse
ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce
ch’i’ fe’ di me quando ‘l dolor mi vinse;
voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
poi di sua preda mi coperse e cinse”.
(Purg. V, 88-129)
Narratore
Guido da Battifolle, diventato Podestà della Città del fiore, promulgherà un’Ordinanza che pare fatta per lui: siamo nel maggio del 1315, mancano poche settimane al 24 giugno, festa di S. Giovanni Battista.
Dante riceve sollecitazioni ripetute e insistenti da parenti e conoscenti. Ha davanti tante lettere e messaggi di amici, di nipoti, di persone buone e influenti.
All’amico fiorentino (maggio 1315)
Dalla vostra lettera ricevuta con l’affettuoso rispetto dovuto ho appreso con mente grata e attenta considerazione quanto il mio ritorno in patria vi sia a cura e a cuore; e perciò tanto più strettamente mi avete obbligato quanto più di rado capita che gli esuli trovino amici.
…
Ecco dunque ciò che dalle lettere vostre e di mio nipote nonché di parecchi altri amici mi è stato
comunicato, per l’ordinamento testé fatto a Firenze sull’assoluzione degli sbanditi, che se volessi pagare una certa quantità di denaro e volessi sopportare la vergogna dell’offerta, potrei essere assolto e ritornare subito.
…
E’ questa la grazia del richiamo con cui Dante Alighieri è richiamato in patria dopo aver patito quasi per tre lustri l’esilio? Questo ha meritato una innocenza evidente a chiunque? Questo i sudori e le fatiche continuate nello studio? Lungi da un uomo familiare della filosofia una bassezza d’animo a tal punto fuor di ragione da accettare egli, quasi in ceppi, di essere offerto, a guisa di un Ciolo e di altri disgraziati. Lungi da un uomo che predica la giustizia il pagare, dopo aver patito ingiustizie, il suo denaro ai persecutori come a benefattori. Non è questa la via del ritorno in patria, o padre mio; ma se una via diversa da voi prima o in seguito da altri si troverà che non deroghi alla
fama e all’onore di Dante, quella non a lenti passi accetterò; che se non si entra a Firenze per una qualche siffatta via, a Firenze non entrerò mai. E che? Forse che non vedrò dovunque la luce del sole e degli astri? Forse che non potrò meditare le dolcissime verità dovunque sotto il cielo, se prima non mi riconsegni alla città, senza gloria e anzi ignominioso per il popolo fiorentino? Né certo il pane mancherà.
Firenze spietata p.151
(dalla sentenza di Bando Maggiore del 6 novembre 1315)
Araldo
In nome di Dio, amen.
Questi sono i bandi e gli sbandimenti profferti e pronunciati dal nobile cavaliere Rayneri di Zaccaria di Orvieto, Vicario del re Roberto d’Angiò, nella città di Firenze e nel distretto, contro i sottoscritti ghibellini e ribelli: per il Sesto di Porta San Piero nella città di Firenze, tutti di casa Portinari e tutti di casa Giochi, eccetto Lamberto Lapi e Filippo Ghepardi; Dante Alighieri e figli, contro tutti e ciascuno dei quali sopra nominati, dai settanta anni in giù e dai quindici anni in su.
…essendo stati legalmente condannati per la contumacia di loro, se in qualsiasi tempo verranno in potere nostro e del Comune di Firenze, siano condotti sul luogo di giustizia e quivi sia loro tagliata la testa dalle spalle, così che muoiano.
(Archivio di Stato, Diplomatico, Firenze)
Narratore A distanza di 3 settimane, il 6 Novembre 1315, Rayneri di Zaccaria di Orvieto, aggiunge:
…a Dante e figli ripetiamo la condanna e confermiamo il bando da Firenze e territori connessi; e perché non si facciano gloria della loro contumacia, aggiungiamo che chiunque può recar loro offesa negli averi e nella persona, liberamente e impunemente, secondo quanto prevedono gli statuti di Firenze
Voce fuori campo
Che se’l conte Ugolino aveva voce
D’aver tradita te delle castella
Non dovei tu i figliol porre a tal croce.
Innocenti facea l'età novella,
novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata
e li altri due che 'l canto suso appella.